29 Dicembre 1925: muore a milano ANNA KULISCIOFF

da | Gen 2, 2022 | L'opinione

di Lella Di Marco

Ha cercato di cambiare il mondo rivendicando giustizia, libertà e autonomia per le donne. Conoscere e studiare la vita e l’operato della militante nata in Crimea (e, dopo diverse vicissitudini, naturalizzata italiana) ci aiuterebbe a capire non solo le nostre origini ma anche perché siamo a questo punto.
Fuggita dalla repressione zarista, Anna Kulišëva (in russo Анна Кулишёва, pseudonimo di Anna Moiseevna Rozenštejn) italianizzò il suo cognome in Kuliscioff, che in Russia potevano avere solo le famiglie di schiavi, manovali, braccianti.
Viene ricordata come giornalista e rivoluzionaria ma più spesso per la sua vita burrascosa e per la sua insofferenza al predominio maschile (anche nella vita sentimentale) spesso ignorandone cultura e intelligenza, spirito di abnegazione e la decisione di abbracciare prima il movimento anarchico e poi quello socialista. Dimenticando persino che lei fu anche «la dottora dei poveri». Infatti dopo il carcere si laureò in medicina, specializzandosi poi in ginecologia e con le sue ricerche approfondì l’origine batterica della febbre puerperale (già studiata dall’ungherese Ignaz Philipp Semmelweis) contribuendo all’idea che era possibile salvare le donne dopo il parto. E a Milano fu medico, nei quartieri più miseri della città, offrendo assistenza ginecologica gratuita alle più povere.
All’epoca la sua presenza nell’immaginario popolare era fortissima: Carlo Collodi confessò che per il personaggio della fatina dai capelli turchini si era ispirato alla forza magnetica di Anna Kuliscioff, vista da giovane durante un processo.
Il suo funerale in piena epoca fascista avvenne tra una folla immensa di proletari e proletarie: fu oggetto di scontri, arresti, rappresaglie perchè Anna Kuliscioff era una delle donne più odiate dal nuovo regime.

Che impatto ha avuto e può avere oggi fra le donne, anche della mia generazione, la sua storia?
Molte di noi hanno scoperto come vivere nel mondo durante un’epoca di rivolta collettiva. Durante le occupazioni o nelle piazze non ci staccavamo dai bambini attaccati al seno ma contemporaneamente inventavamo asili familiari e amicali, gestiti a turno in una logica di aiuto reciproco e di sorellanza. Avevamo capito che il rapporto di supremazia anche nella coppia non si risolve nel duale che è qualcosa di più profondo del semplice patriarcato: rimanendo invariati i rapporti di produzione nulla poteva cambiare in termini sociali nè in termini di genere.
C’era molta ambizione quando si discuteva di «mettere al mondo il mondo» però avevamo ben capito che le segreterie di partito sono oppressive come le parrocchie e che nessuna forza istituzionale ha davvero a cuore liberazione, emancipazione, autonomia delle donne.
Quelle della mia generazione hanno prodotto un pensiero che diffondevamo come semi da germogliare.
Mentre penso a cosa mi lega ad Anna Kuliscioff come per miracolo dalla mia disordinatissima libreria mi salta agli occhi il numero 48 (febbraio 2000) di «Via Dogana – rivista di pratica politica» che è estremamente attuale, aperta a tematiche di cui si torna a discutere nella difficile fase storica che stiamo vivendo: il rapporto con la divinità e l’educazione religiosa da cui tutte proveniamo. Rileggo le riflessioni di Chiara Zamboni, Luisa Muraro e della “corrispondente da Berlino” Katarina Rutschky che con pungente ironia attacca il perbenismo delle “femministe di Stato” e delle loro rivendicazioni.
Mi piace concludere il presente flusso di pensieri con «un pensiero di carta» (così lo chiama Mario Savonardo nell’omonimo libro appena scivolato dalla mia libreria) … per me è come un potente abbraccio collettivo .
IL VENTO SOFFIARE
Come si può
Guardare il mare
E non vederlo?
Come si può
Ascoltare la musica
E non sentirla?
Come può il vento
Soffiare sul viso della città
senza scuotere gli uomini
che restano lì
immobili
come se nulla si muovesse?

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