1° maggio: la necessità del dialogo intergenerazionale

da | Apr 29, 2025 | L'impertinente

Sono due giorni che ci penso.
A quella ragazza, commessa di un negozio di articoli intimi, in uno dei tanti centri commerciali grazie ai quali possiamo fare acquisti in quasi tutti i giorni dell’anno.

La sua è stata un’accoglienza molto svogliata, distratta, poco empatica.
E che diamine c’è da aspettarsi, dopo che una è stata tutto il giorno chiusa dentro quattro pareti sotto una luce al neon. Probabilmente con contratto di breve durata, senza molte possibilità di aspirare ad una crescita remunerativa e professionale.

Non è che ho pensato a tutte queste cose nell’immediato.
Solo quando sono andata alla cassa e le ho domandato se il 25 aprile il negozio fosse aperto, mi ha sgarbatamente risposto “Certo che sì, tutto il giorno con orario normale, perché me lo chiede?”
“Beh”, le dico scioccamente, con il tono di svelare un’ovvietà, “è la festa della Liberazione” e mostro un sorriso che celia un mio personale orgoglio.
L’altra mi guarda con l’occhio da pesce morto, quello privo di espressione che qualche volta ha frenato la mia voglia di mangiare l’appena pescato.
“Siamo chiusi solo il 1 maggio” aggiunge.
Insisto petulante “Ma il 25 è festa nazionale”.
“Per me è un giorno come un altro, mica come il 1° maggio che il negozio rimane chiuso.”

E la scuola? E la famiglia? I nonni?
Non le avranno spiegato il valore del 25 aprile?

Dopo minuti di sconcerto mi rianimo, non ce la faccio a tacere e dico d’un fiato:
“Signorina se non ci fosse stata la liberazione dal nazifascismo, da quella cultura che vietava ai lavoratori di avere i diritti di cui oggi lei gode, non si potrebbe festeggiare il 1 maggio come Festa dei lavoratori.
E grazie alla quale nel  1947 fu deliberata la nostra Costituzione, che cita appunto nell’art.4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.

“Guardi signora che non m’interessa”.
Lo afferma con un tono che non ammette repliche quindi pago e la saluto con un certo disagio.
Onorare, commemorare, ricordare, testimoniare, tramandare la storia è un dovere o un’opzione?

Infine mi domando se il dialogo intergenerazionale sia possibile e in quale fascia d’età si determinano le differenze. Che ruolo possa avere  chi appartiene alla generazione intermedia che vive tra passato e futuro. Chi cioè è abituato a parlare del XX secolo come il “secolo breve”, per i molti fatti storici che in esso si sono svolti, comprese due guerre mondiali, e i cambiamenti maturati traghettandolo verso il XXI.
Cioè quello di oggi, portatore di significativi progressi scientifici e tecnologici. Ma anche un secolo di sfide globali come il cambiamento climatico e la rapida evoluzione della tecnologia, con cui l’umanità dovrà fare i conti.
In particolare le ultime generazioni e le future, che si troveranno a cavalcare sfide e opportunità di questi progressi, che potrebbero cambiare il modo stesso di vita dell’umanità.

Il patrimonio storico e culturale di un Paese, i valori su cui ancora si basano le relazioni non possono essere affidati solo alla “cultura digitale”. La trasmissione verbale, il dialogo e il confronto sono necessari per salvaguardare il valore umano del pensiero, anche critico, e la conoscenza del proprio cammino sulla terra.