Come cura la musica

da | Giu 15, 2025 | Dietro la lente

Commento al libro “Note nella cura” di Adriano Primadei e Angelo Villa, Mimesis Edizioni. 

Scegliere una musica da ascoltare è come scegliere un libro da leggere? No! E perché? Perché il libro lo si legge con il silenzio della propria mente, il pezzo musicale lo si ascolta con le proprie orecchie, con l’anima attenta ed emozionata.

Ascoltare implica il potere di due strumenti di comunicazione potentissimi: la musica che scioglie le emozioni e la voce che appartiene ad un “oggetto” dell’Altro materno, che è presente fin dalla nascita e che ci cantava la ninna nanna. Questa voce è stato l’inizio della dolcezza o della fermezza quando ci ammoniva o ci deliziava con la sua tenerezza e il suo cibo. La sua voce arriva dal lontano inconscio, perché non sempre ci accorgiamo chi ci precede, è nascosto, ma soggiace ad ogni altro movimento del nostro sentire, anche cognitivo. Perché la voce della madre è come le mani della madre (cit: “Le mani della madre” di Massimo Recalcati, sul ruolo delle madri nell’evoluzione psicologica del soggetto, libro a cui sono molto affezionata di un buon maestro), che ci sorreggono con la forza del loro amore e intelligenza.

La musica classica sembra a volte muoversi nel nostro corpo con il suo andamento alternato lento e forte, alto e basso dei suoni armoniosi, ma la musica tecno o blues producono lo stesso effetto, dentro di noi. Ma quando ci sono le parole di un testo, la musica prende un’altra piega, ha un “corpo” tutto suo, un’anima direbbero i poeti. Ci cattura e ci rilassa, ma una parte di noi vive intensamente, ci fa pensare permettendoci di fantasticare, di volare mentalmente anche, come per i pezzi di cantautori sia italiani che stranieri.

Come non ricordare, in questo periodo storico, del grande Fabrizio De Andrè la canzone: “La guerra di Piero”, che contiene una rima triste ma vera e saggia: “Fermati Piero, fermati adesso, lascia che il vento ti passi un po’ addosso, chi diede la vita ebbe in cambio una croce…” Di questi tempi sarebbe un monito. De Andrè era un cantautore che armonizzava con il passato, cioè la guerra mondiale finita nel ’45 e temeva che  potesse ripresentarsi l’orrore di essa.

Tuttavia sono sempre in sintonia con la mia esperienza di psicoterapia e ricordo quella  iniziata nel 2008 e terminata nel 2013, con Mattia, un bambino di 9 anni allora, con una diagnosi di disturbo pervasivo dello sviluppo. Un autistico insomma, ma con una certa capacità di mostrare interesse verso la musica e l’inglese! Nella prima seduta, oltre a disegnare me vestita di rossa con una vestito lungo, scrisse un brano di Madonna: “Like a prayer” ovvero traducendo, “come colui che prega”. Mattia era visibilmente soddisfatto quando ascoltava sia questa canzone che, in generale, tutta la musica.

Così scaltramente a livello clinico, ho fatto ascoltare per alcuni tempi nelle nostre sedute: “Il flauto magico” di Wolfang Mozart, la cui storia era basata sulla paura della propagazione dei topi in un  piccolo paese e un flauto magico salvava da questo. Perché ho usato sia la musica mozartiana che la lettura della fiaba sia mia che di Mattia? Perché ho pensato che il topo freudianamente fosse il simbolo di aggressività e castrazione simbolica, ma sempre in termini freudiani, per cui i bambini del paese dovevano fuggire dalla loro avanzata minacciosa con uno strumento in possesso di tutti: la musica.

Era molto bello ed emozionante, suggestivo per Mattia, accorgersi come venisse coinvolto dal racconto e da questa musica. Appariva visibilmente emozionato, come trasportato emotivamente dal suono dalla mia voce che leggeva e dalla musica che ascoltava con piacere. A volte credo elaborasse un vissuto di empatia con questi strumenti e dal racconto.

Da lì in poi scrisse nelle sedute, su un quaderno, le sue paure e il suo terrore per la realtà, con frasi semplici, ed emerse ciò che era veritiero per lui: la minaccia di un adulto, ma anche la sua paura dell’altro e della sua violenza mentale.

So che Mattia dopo l’inserimento in una comunità riabilitativa lavora come giardiniere, è cresciuto , oggi è un giovane adulto e sembra sereno.

La capacità di identificarci con le immagini e i testi musicali è grande e proviene dalla storia dell’uomo, che ha scelto non senza nostalgia, un mezzo psicologico per comunicare le emozioni semplici e complesse, i sentimenti, la rabbia e la gioia, l’amore e l’odio per gli eventi della vita.

Il testo: “Note nella cura”, che è presente nel titolo, di fluida ma mai scontata lettura, ha come contenuto tematiche simili ed è centrato sulla questione profonda del legame tra chi ascolta la musica e il suo desiderio che si appaga nell’ascolto di qualcosa di ancestrale ma nel contempo vitale, attuale per il soggetto.

 

 

Foto di Demid Druz su Unsplash