Pacifiche in pace, guerriere in guerra

da | Lug 12, 2025 | Editoriali

“Se Netanyahu fosse stato donna nessuno sarebbe stato ammazzato, le donne sanno mediare” (Claudia Gerini)

Non a caso partiamo, per proseguire il ragionamento, da questa frase maldestra che potrebbe apparire un’ enunciazione di principio se non fosse priva di qualsiasi fondamento. A conferma che l’uso di termini o logiche pseudo femministe a volte sono inutili o dannose e fanno perdere i veri obiettivi di uguaglianza che è da sempre la vera sfida delle donne.
A volere cogliere qualcosa in più, si confermerebbe una visione generalistica del pensiero femminile che, partorendola, è sempre e comunque dalla parte della vita e contro ogni cosa la metta in pericolo.
Si potrebbe quasi riscontrare una non ben definita “teoria di appartenenza”.

Ma venendo ad oggi, cosa spingerebbe a credere che il genere femminile potrebbe essere di “più” o “migliore” dell’altro nella soluzione dei problemi politici, economici, bellici?

Il genere femminile è, giustamente, molto orgoglioso dei traguardi raggiunti, delle vittorie legislative, dei meriti, della rappresentanza conseguiti.
Orgoglioso si ma ancora insoddisfatto e combattivo, ed è su questa questione che le donne non riescono a trovare una mediazione, neanche fra di loro.

Più in generale, in particolare le donne occidentali, non decontestualizzando un passato “relativo” che appare loro troppo lontano, non ne tengono conto. Non per distrazione o ignoranza ma perché il valore intrinseco di libertà del femminismo è stato abbondantemente interiorizzato-digerito-praticato-superato.
In particolare le ultime generazioni, nascendo a conquiste ottenute-realizzate, tendono a sottovalutare che la garanzia del “per sempre” è spesso messa in discussione.
Non ricordando che il vento pur rivoluzionario che ha ispirato il femminismo, senza mai mettere in atto prove di forza di tipo “machista”, ha sempre affermato che pace e diritti vanno perseguiti in una visione del bene comune e non di genere.

Le testimonianze degli anni che hanno preceduto il XX -XXI secolo, raccontano però anche una storia assai più complessa.

Più in generale le donne non sono state sempre pacifiche per volontà quanto piuttosto per costrizione-sottomissione-ingravidamento. L’impossibilità quasi totale di liberarsi da questo stato di soggezione le rendeva inermi e impreparate al combattimento. Quando non fossero biologiche, dunque, le differenze altro non erano che frutto di coercizione e prepotenza.

Ciononostante molte di esse, in più e diverse circostanze, al momento di rivestire ruoli di potere e di governo, non hanno usato metodi di comando diversi dagli uomini.
Dimostrando di conoscere direttamente l’uso delle armi, dalle più rozze a quelle più sofisticate, utilizzandole quando  necessario senza sottrarsi agli scontri e distinguendosi per valore, coraggio e crudeltà,  facendo uso di forza e violenza sia in difesa che in attacco.

Istruite fin da bambine alle armi improprie della seduzione e del sesso, obbligate a matrimoni a loro imposti per stringere alleanze politiche, garantire discendenze, conquistare patrimoni e status, seppero dimostrarsi abili tessitrici d’intrighi cortigiani.
Forgiati non secondo criteri “estetici-psicologici” ma piuttosto a sopportare fatiche, violenze e gravidanze, corpo e intelligenza divennero armi per assicurarsi la vita.

Teodora di Bisanzio, Giovanna d’Arco, Matilde di Canossa, Cia Ordelaffi, Orsina visconti, Bona Lombardi, Caterina di Russia, Elisabetta I d’Inghilterra… Golda Meir, Margaret Thatcher, Indira Ghandi ecc.  hanno determinato la storia gestendo potere ed eserciti allo stesso modo degli uomini.
Dimostrando che se le differenze corporee tra maschio e femmina in natura sono innegabili, quelle intellettive-psicologiche, ieri come oggi, valgono per entrambi a seconda delle circostanze ambientali e delle specifiche caratteriali.

Insomma, se nati “uomo e donna Dio li creò” o da un’unica molecola primaria, se per secoli nei secoli l’uno ha avuto bisogno dell’una e viceversa, se la natura si serve di entrambi per riprodursi, ragionare su chi è “più, migliore, idoneo” a guidare un popolo, esaudirne i bisogni o le ideologie diventa un dibattito sterile.
Uguali e pacifiche in pace, uguali e guerriere in guerra.

pubblicato su :
Dol’s Magazine
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