Draghi a Bruxelles. Un anno dopo, il modello di crescita europeo è a rischio

da | Set 23, 2025 | L'opinione

A un anno dalla pubblicazione del suo rapporto sul futuro della competitività europea, Mario Draghi è tornato a Bruxelles per un confronto di alto livello con la Commissione europea. L’ex premier italiano ed ex presidente della Banca Centrale Europea ha espresso una valutazione severa sullo stato attuale dell’Unione, affermando che “a un anno di distanza, l’Europa si trova in una situazione più difficile. Il nostro modello di crescita sta svanendo. Le vulnerabilità stanno aumentando”.

Draghi ha sottolineato i limiti, le lentezze e le evidenti lacune nell’azione della Commissione europea negli ultimi dodici mesi. Per superare questa fase critica, ha richiamato l’attenzione sui successi storici dell’Unione, come la creazione del mercato unico e dell’euro, suggerendo che per sopravvivere è necessario un approccio audace. “Per la sopravvivenza dell’Europa, dobbiamo fare ciò che non è mai stato fatto prima e rifiutarci di lasciarci frenare da limiti autoimposti”, ha affermato Draghi con fermezza, sollecitando l’adozione di “date concrete e risultati misurabili” e la conseguente assunzione di responsabilità.

La risposta della Commissione: von der Leyen chiede un’azione urgente

La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha condiviso il senso di urgenza. Nel suo discorso di apertura, ha riconosciuto che “l’ordinaria amministrazione non basta più, è ora di agire”. Von der Leyen ha messo in evidenza che “abbiamo bisogno di azioni urgenti per affrontare esigenze urgenti, perché le nostre aziende e i nostri lavoratori non possono più aspettare”.

La Presidente ha ricordato che tutti gli Stati membri e il Parlamento europeo hanno accolto positivamente il Rapporto Draghi, un segnale che “sappiamo tutti cosa bisogna fare”. Ha concluso il suo intervento con un forte appello all’azione, affermando che i cittadini europei “si aspettano che la nostra democrazia decida, agisca e dia risultati”.

Il divario tecnologico: l’intelligenza artificiale come cartina di tornasole

Draghi ha usato l’esempio dell’intelligenza artificiale (AI) per illustrare il divario tra l’Europa e le potenze globali. Pur lodando alcuni progressi, come la realizzazione di giga-factory di AI e l’investimento di ASML in Mistral, ha evidenziato che la situazione rimane precaria.

“Sono in corso progetti per la realizzazione di almeno cinque giga-factory di AI, ciascuna con oltre 100.000 GPU avanzate. La capacità dei centri dati è destinata a triplicare nei prossimi sette anni. L’adozione è in aumento: secondo la BEI, le aziende europee stanno adottando tecnologie avanzate a un ritmo simile a quello delle loro controparti statunitensi, sebbene partendo da una base inferiore”, ha specificato Draghi.

Nonostante questi passi avanti, il divario “è netto”. L’anno scorso, gli Stati Uniti hanno sviluppato 40 grandi modelli di base e la Cina 15, mentre l’Unione europea ne ha prodotti solo tre. L’adozione dell’AI tra le PMI europee è ancora bassa, e i progressi nel campo strategico dell’AI basata sulla proprietà intellettuale europea sono minimi.

Cittadini e imprese chiedono risposte e rapidità

Draghi ha rilevato che, al di là delle diagnosi e delle priorità definite, esiste una crescente frustrazione tra cittadini e imprese europee, delusi dalla lentezza delle decisioni dell’Unione. “Ci è stato dolorosamente ricordato che l’inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma anche la nostra stessa sovranità”, ha affermato, sottolineando la mancanza di un percorso chiaro per finanziare gli investimenti necessari.

Ha riconosciuto che il suo Rapporto e l’agenda della Commissione condividono le stesse priorità: colmare il divario di innovazione, tracciare un percorso di decarbonizzazione sostenibile e rafforzare la sicurezza economica. Tuttavia, ha avvertito che “i cittadini e le aziende europee apprezzano la diagnosi, le priorità chiare e i piani d’azione. Ma esprimono anche una crescente frustrazione. Ci vedono incapaci di tenere il passo con la velocità del cambiamento altrove. Sono pronti ad agire, ma temono che i governi non abbiano compreso la gravità del momento”.

 

La conclusione di Draghi è un forte richiamo all’azione. Ribadendo le tesi del suo rapporto, ha sottolineato che “continuare come al solito significa rassegnarsi a rimanere indietro”. I concorrenti, come Stati Uniti e Cina, sono “molto meno vincolati” e agiscono con una rapidità che l’Europa non può permettersi di ignorare.

Secondo Draghi, un percorso diverso richiede “nuova velocità, portata e intensità”. Significa agire in modo congiunto, senza frammentare gli sforzi, concentrando le risorse dove l’impatto è maggiore e “producendo risultati nel giro di mesi, non di anni”. Ha inoltre menzionato come le politiche aggressive di dazi statunitensi e la crescente forza della Cina abbiano aumentato la dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti in termini di difesa, influenzando persino gli accordi commerciali a favore di questi ultimi.

In sintesi, l’intervento di Draghi mette in luce una situazione critica che richiede una svolta radicale, abbandonando le consuete procedure a favore di una strategia più coesa e rapida per proteggere la competitività e la sovranità europea.

 

Draghi a Bruxelles. Un anno dopo, il modello di crescita europeo è a rischio