Quando la testa è “sottosopra”… Il mondo degli psicofarmaci e la psicoterapia integrata

da | Nov 23, 2025 | Dietro la lente

Articolo tratto liberamente dal libro di Piero Cipriano: “Il manicomio chimico” edito da Eleuthera, 2023

Ho voluto incominciare il mio articolo in sintonia con un sintomo, la confusione. Eh, sì, perché quando la nostra testa è confusa, ci sentiamo così, privi di stabilità psichica, senza il controllo delle emozioni. Tuttavia, dopo aver vissuto un conflitto interiore e, a volte, con i familiari, si va dal medico specialista, o medico di base, meglio quest’ultimo perché non intimidisce e asseconda subito ciò di cui abbiamo bisogno.

Di cosa? Ma di star bene! Così sia lo specialista in psichiatria che il medico di base, ci fanno assumere le pilloline della felicità. E’ una promessa solo, a volte, perché i sintomi più importanti rimangono. Ma poi si pensa anche ad una psicoterapia. Eh sì, perché gli psicofarmaci, dice il medico, ma anche io come psicoterapeuta psicoanalitica, se non li assumiamo intelligentemente, pensando di risolvere le cause del disagio mentale e di esaltare il potere degli psicofarmaci, non servono a nulla.
Mentre gli psicofarmaci, assunti solo per “tamponare” i sintomi, per renderli silenti, silenziano la mente, la assoggettano ad un pensiero che annichilisce la persona umana.

La psicofarmacologia è nata, secondo lo psichiatra Piero Cipriano, per sostituire il sistema di controllo sociale che era il manicomio. Con il caro Franco Basaglia si elimina questo modo di contenere forzosamente le persone in difficoltà psicologica, per sostituire la contenzione meccanica(attenzione: viene somministrata ancora evitando il dialogo con il paziente agitato) con quella della contenzione farmacologica. Con il risultato di vedere in giro degli zombie, perché a volte la terapia èiatrogena, ovvero negativa e produce altri sintomi di patologia sul soggetto che soffre.

Ecco che vi state chiedendo allora, cosa fare? Seguire per un tempo logico soggettivo, direbbe anche Jacques Lacan, psicoanalista francese, sia una terapia che l’ altra, considerando i farmaci come uno start, ovvero un avvio alla ripresa della salute. La psicoterapia è benefica, perché solo curando la mente, l’anima direbbero alcuni, il nostro cuore ferito, possiamo veramente uscire fuori dal periodo di sofferenza, anche grave. Infatti alcuni scienziati anglosassoni dicono che la psicoterapia, cura della parola, associata a farmaci per il periodo iniziale di esordio psicotico, per esempio, aiuta alla remissione di sintomi in modo efficace.

Tuttavia vorrei consigliarvi di evitare la dipendenza dagli psicofarmaci, frequentare uno studio di psicoterapia per il tempo proprio giusto per sentirsi di nuovo stabili e lucidi, sereni e padroni della propria vita. Questo tempo consumistico e digitale, privo a priori di contatto con le relazioni sociali, fa sì che la terapia con le parole sia da preferire, così come altre forme di cura, alla terapia farmacologica, perché rende libero il pensiero, “elastico”, cioè flessibile al cambiamento e aiuta le relazioni sociali a riformarsi. Se una persona arriva a soffrire è perché fino ad allora aveva certi comportamenti e pensieri che hanno predisposto al disagio. Come chi soffre di ansia o depressione.

La psicoterapia aiuta il cambiamento, trasforma gli aspetti traumatici in contenuti inizialmente da sopportare, poi da accettare, infine da leggere come qualcosa che fa crescere, una volta superati. I farmaci si abbinano solo per un tempo iniziale, o quando il soggetto fa fatica a ricominciare a vivere.