Non contano solo gli atti sulle zone erogene: il morso d’amore esprime «carica erotica» e l’agente ne fa strumento di una «malintesa signoria» perché rimanda a un’intimità percepibile da tutti – Sentenza, 10 Novembre 2016
Un “succhiotto” lasciato come marchio tangibile del possesso può configurare il reato di violenza sessuale. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 47265/16, pubblicata oggi dalla terza sezione penale. Con l’interessante pronuncia, gli “ermellini” respingono quasi totalmente il ricorso di un uomo che la Corte di appello riteneva responsabile di violenza sessuale (articolo 609 bis Cp) e lesioni personali aggravate ai danni della sua amante.
Ben sei anni e due mesi di carcere venivano inflitti all’uomo colpevole fra l’altro di aver dato un “succhiotto” alla donna con l’intenzione ben precisa di “marchiarla” così che gli altri pretendenti potessero capire “a chi appartenesse”. L’imputato precisava, a sua discolpa, che il «morso d’amore» non aveva riguardato zone erogene e non poteva essere interpretato come un atto di natura sessuale. Di parere diametralmente opposto è la Cassazione che respinge sul punto il ricorso.