A PROPOSITO DI ASSOCIAZIONISMO…RIFLESSIONI IN LIBERTA’

da | Mag 27, 2022 | L'opinione

L’associazionismo, quello che noi oggi chiamiamo “terzo settore”, ha le sue vere radici negli Stati Uniti d’America. Figlio di quella “nuova società”, che si era evoluta in un contesto multietnico e multirazziale, era frutto della straordinaria immigrazione proveniente da tutte le parti del “vecchio mondo”, che in quel contesto creò una società libera, senza gli orpelli di regnanti e nobili, che invece continuavano a connotare l’Europa alla fine del ‘900. Fu però uno studioso europeo, Alexis de Tocqueville, francese di nascita e pure nobile, ad analizzare la nascita e l’evoluzione dell’Associazionismo, mettendo a confronto in modo preciso l’enorme differenza che caratterizzava il contesto sociale del nuovo mondo se rapportato al vecchio.

Questo studio, divenuto un libro-diario che al rientro di Tocqueville in Europa circolò con il titolo di “La democrazia in America”, contribuì sicuramente a far attecchire il seme del volontariato anche in Europa. Oggi il settore dell’associazionismo No-Profit, definito Terzo settore, è sicuramente una colonna importante del welfare. È definito “terzo settore” in quanto si differenzia dal Primo, lo Stato, che eroga beni e servizi pubblici, e dal Secondo, il mercato o settore profit, che produce beni privati, andando a completare e sostenere quei campi “scoperti” che sfuggono sia al primo che al secondo, venendo incontro ai bisogni personali ed alle esigenze delle categorie deboli, impossibilitate ad accedere agli strumenti del mercato, e neppure ad usufruire della mano pubblica.

Questa mia riflessione, non vuole certo affrontare la storia e l’evoluzione delle strutture socioassistenziali e di volontariato in genere, ma analizzarne solo alcune problematiche, comuni alla gran parte delle Associazioni, e riferite sia alla loro struttura organizzativa che al loro funzionamento.
Lo faccio da “appartenente” ad alcune associazioni sia a San Marino che in Italia, e quindi dopo essermi resa conto di persona delle ragioni e dei motivi che sono alla base di determinate regole della loro vita sociale. Il problema, certamente il più importante per la conduzione di una associazione, è la sua rappresentanza, ovvero la struttura di gestione e comando, che deve far in modo che essa duri e si perpetui nel tempo. Partendo dal presupposto che la gran parte degli appartenenti alle associazioni è costituita da persone entrate a farne parte volontariamente, e che conseguentemente non ci sono né traguardi personali da raggiungere, carriere o retribuzioni, ci sarà chi, per un determinato periodo farà il Presidente, chi il Vice, chi il Segretario, il Tesoriere, il Consigliere del Direttivo e così via. La durata dell’incarico può essere varia, da un anno a più anni, ma certamente con il fondamento basilare della regolare rotazione.
Non so a quanti, questo sistema di parità ed uguaglianza, possa calzare a pennello: lo condivido e sottoscrivo senza se e senza ma, perché ritengo che sia la formula più giusta possibile. Cerco di chiarire i motivi di questo mio convincimento. Per farlo parto da un concetto che, esulando dalla logica profit, entra proprio nel suo contrario: il no-profit. No-profit che, nella mia visione di servizio, significa proprio operare senza trarne benefici o vantaggi personali; quindi, il fatto che il gruppo mi abbia scelto per fare temporaneamente il Segretario, il tesoriere o il Presidente, o il responsabile di una commissione, significa che mi ha considerato capace di farlo (e per me questo dovrebbe costituire un grande motivo di orgoglio), ma anche che – alla scadenza del mandato – devo rientrare nei ranghi e riprendere, come prima e più di prima, il mio ruolo di servizio per cui sono entrata a farne parte.

Chi entra in un’associazione sa che il suo motto operativo è “servire, impegnarsi per il raggiungimento delle finalità statutarie al di sopra dell’interesse personale”, espressione che esprime, in modo chiaro, che chi entra a farne parte deve farlo non per avere vantaggi o servigi, ma per dare, per offrire la sua competenza e la sua professionalità agli altri, senza nulla chiedere in cambio. Faccio parte di associazioni dagli anni Ottanta del secolo scorso. In questo non breve periodo, ho svolto praticamente diverse mansioni: Presidente e socio fondatore del Soroptimist nel 1989, coordinatore a San Marino per la Fondazione Marisa Bellisario dal 1994, Presidente e socio fondatore del Kiwanis nel 2002, dal 2015 Segretario Generale dell’Associazione San Marino-Italia eletta Presidente per il triennio 2020-2023.
Credetemi, al termine di ogni incarico, non ho mai avuto problemi a riprendere il ruolo di socio del club o a dimettermi nell’impossibilità di una costante ed attiva partecipazione. Pensate che questa mia logica sia difficile da accettare? Non è difficile, basta pensare sempre che siamo tutti utili ma nessuno è indispensabile, e che, se siamo coerenti, accettando di far parte di una libera associazione di servizio, dovremmo entrare per servire, non per servircene.

di Elisabetta Righi Iwanejko