Quando le mamme invecchiamo mostrano aspetti nuovi, si perdono in ricordi di tenera dolcezza dell’infanzia, non solo dei loro figli, ma anche della loro stessa fanciullezza. Si sa quanto la senescenza renda tutti più fragili, bisognosi di rassicurazione fino a perdere, a volte quasi del tutto, la forza di sostenere e sostenerci. In buona sostanza, anche le mamme mostrano i loro punti deboli.
Mi capita spesso di ascoltare le lamentele, a volte quasi feroci, di figli delusi dall’egoismo, dalla crudezza e a volte dal menefreghismo nei loro confronti delle loro mamme che, ultraottantenni alle prese con medicine, esami clinici e malanni dell’autunno della vita, pensano solo a se stesse. Certamente l’età avanzata e la salute precaria spingono molti anziani a cristallizzare il loro pensiero sul proprio corpo in decadimento, quel corpo scattante e pronto a soccorrere i figli nel momento della necessità, ora si sta rivelando un peso da tirarsi dietro. Le gambe non li sorreggono più e spesso costringono i poveri anziani all’uso del deambulatore. Se la mente rimane lucida, diventa ancor più difficile sopportare il proprio decadimento e a volte addirittura impossibile accettare la nuova versione di sé. È questo il punto, siamo difronte ad una nuova persona, non più alla “mamma tutta per noi”, ma ad una vecchietta ripiegata su se stessa e incapace di non pensare che la sua fine si sta inesorabilmente avvicinando.
Come reagire a questa delusione? Ricordiamoci che la mamma dell’infanzia se ne è andata per sempre e con sé ha portato via il bambino che siamo stati, ora c’è solo un’anziana signora di cui siamo noi la madre e alla quale non dobbiamo più guardare con gli occhi di un tempo. Se ci ostiniamo a rimanere figli soffriremo senza tregua, se proteggeremo invece l’anziana signora rispetteremo la sacralità della Madre e vivremo con maggiore serenità la nuova e diversa stagione della nostra vita.
Maria Giovanna Farina ©Riproduzione riservata