Ai fini del danno morale per la morte della casalinga è sufficiente una prova per presunzioni, 13 dicembre 2012

da | Dic 14, 2012 | Anno 2012

Ai fini del danno morale per la morte della casalinga è sufficiente una prova per presunzioni
Innegabile l’apporto fondamentale della madre di famiglia alla vita di figli e coniuge. Risarcimento svincolato dal danno biologico 

La Cassazione riconosce il valore e l’apporto delle casalinghe nelle famiglie. Infatti il danno per la morte della madre di famiglia può essere provato per presunzioni ed è svincolato dalla liquidazione del danno biologico.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 22909 del 13 dicembre 2012, ha accolto due punti del ricorso dei parenti della donna deceduta contro la decisione della Corte d’appello di Palermo che ha ravvisato il concorso di colpa della vittima pari al trenta per cento, escludendo il risarcimento dei danni patrimoniali e riducendo quelli non patrimoniali in favore dei tre figli e della loro nonna.
La terza sezione civile ha ritenuto erroneo il giudizio della Corte di merito per cui le somme spettanti a ciascuno degli eredi sono state determinate in una frazione dell’importo riconosciuto per il risarcimento del danno biologico: invece, l’entità del risarcimento deve essere personalizzata e commisurata alla perdita del rapporto affettivo. Si legge in sentenza che «il danno morale, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari del danno biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato a parte, con criterio equitativo che tenga debito conto di tutte le circostanze del caso concreto. È, pertanto, errata la liquidazione in misura pari a una frazione dell’importo liquidato a titolo di danno biologico, perché tale criterio non rende evidente e controllabile l’iter logico attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla relativa quantificazione, né permette di stabilire se e come abbia tenuto conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo». Insomma, i congiunti della vittima di un illecito – non solo in caso di morte, ma anche
in caso di gravi lesioni personali -hanno il diritto di chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali come diritto proprio e personale; non quale mero effetto riflesso del danno subito dalla vittima. «In caso di morte di una casalinga – osserva un passo della sentenza – i congiunti conviventi hanno diritto al risarcimento del danno subito per la perdita delle prestazioni attinenti alla cura e assistenza dalla stessa fornita, le quali, benché non produttive di reddito, sono valutabili economicamente, o facendo riferimento al criterio del triplo della pensione sociale o ponendo riguardo al reddito di una collaboratrice familiare (con gli opportuni adattamenti per la maggiore ampiezza di compiti esercitati dalla casalinga)». Nel caso in particolare, visto che sono state accertate le attività concretamente svolte dalla vittima, moglie e madre di tre figli, tutti conviventi, e con l’anziana madre a carico, e considerato che «nessuno dei controinteressati ha dedotto e dimostrato che la vittima passasse le sue giornate a letto», il ricorso è stato rinviato alla Corte palermitana.