di Isa Maggi
Dal movimento iniziato da Greta Thunberg e guidato quasi dappertutto da ragazze e ragazzi, è emersa la richiesta, rivolta ai Governi di tutto il mondo, di fare qualcosa, da subito, in difesa dell’ambiente perché non c’è più tempo e non abbiamo a disposizione un pianeta B.
Le donne degli Stati Generali delle Donne hanno presentato alla cittadinanza e alle Istituzioni Il Patto delle donne per il clima e l'ambiente. Alla base c'è la consapevolezza di una nuova coscienza evolutiva che si fa strada e si pone davanti a noi come una promessa di cambiamento politico.
Il cambiamento globale del clima dimostra che uno sviluppo fine a se stesso, che risponde solo alle leggi del mercato, sta minacciando ogni aspetto della vita di noi tutte e tutti.
Il pensiero politico delle donne, legato alla vita e alla convivenza umana ha messo in discussione tutti i dualismi: corpo/mente, natura/cultura, materia/spirito, pubblico/privato.
Quali contributi possiamo dare?
L'Italia non è un Paese per donne ma fra meno di due mesi ci saranno le elezioni europee e le donne avranno la possibilità di giocare un ruolo importante.
Il caso dell'Islanda,il Paese più femminista del mondo, ha fatto emergere la questione che “se si vuole, si può”. Infatti in Islanda, da quest’anno le aziende sono obbligate a verificare che le donne siano pagate, per lavori analoghi, quanto gli uomini. Il Governo islandese ha anche approvato, prima del #MeToo, molte leggi per sostenere le donne, da un consistente congedo per i padri al divieto delle pubblicità sessiste. Del resto da nove anni l’Islanda è prima nella classifica Global Gender Gap del World Economic Forum ed è un esempio per il resto del mondo.
Anche il voto negli Stati Uniti sarà deciso dalle donne: per la qualità delle candidate,la loro preparazione,determinazione e programmi innovativi che saranno decisivi per cambiare il potere.
Anche all’inaugurazione della Settantatreesima Assemblea delle Nazioni Unite la presenza di donne leader è apparsa notevolmente aumentata e nell’ultimo decennio il numero di donne Presidenti o Prime Ministri negli Stati membri dell’Onu è triplicato.
E l’Italia?
Nel governo Conte solo il 27% dei ministri sono donne. In media dal 1976 le donne ministro in Italia sono state il 10% delle diverse squadre, e solo con il governo Renzi si è ottenuta una piena parità (50 e 50), anche se temporanea. I governi successivi hanno fatto segnare un arretramento nella rappresentanza femminile, considerando anche sottosegretari e viceministri: nell’esecutivo Gentiloni la quota era del 28,33%, e in quello Conte scende al 17,19%, la più bassa dal governo Letta in poi.
La parità arretra anche nelle Regioni, dove si contano oggi solo due donne governatore su 20, mentre tra il 2003 e il 2015 sono state cinque. Anche nei Comuni la presenza femminile si mantiene bassa, con soli 9 capoluoghi guidati da un sindaco donna. In questo contesto il nostro Paese è nella media europea, con il 14% complessivo di amministrazioni locali ‘ cd rosa’.
Le manifestazioni di Roma,Torino e Verona sono state promosse da donne, che in piazza non hanno voluto bandiere politiche. Le donne sanno organizzarsi, capiscono che non ci si può arrendere. Per tutta la vita cercano di migliorare quello che hanno intorno, cercano di creare per i figli un mondo migliore. Anche la politica fa parte di questo progetto, ma siamo di fronte a un declino spaventoso.
Ma perché le donne italiane continuano a subire la politica dei maschi?
Basterebbe fare un partito delle donne?
Con quali finanziamenti?
Poche le donne che intervengono in tv, invitate nei talk show, anche di quello condotti da brillanti giornaliste.
Sulle reti televisive del servizio pubblico, durante la campagna elettorale, solo un intervento su quattro proviene da una donna.
Questo fatto ha determinato, così, una “disparità di genere in tv”. E’ quanto emerge da una analisi condotta dall’Istituto Cattaneo elaborando i dati dell’Osservatorio di Pavia nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 25 febbraio 2018.
In base ai dati raccolti, la parte “più consistente dello spazio degli interventi politici è controllata e gestita da uomini. Eppure, gli ultimi dati ci raccontano un’editoria sotto il colore rosa. E vediamoli questi dati. Nel 2017 gli incarichi di responsabilità ricoperti dalle donne sono in aumento secondo i dati dell’Osservatorio AIE (Associazione italiana editori). Più di due su dieci. Sono sempre di più le donne che ricoprono cariche di responsabilità nella filiera produttiva editoriale. Rappresentano il 22% dei ruoli dirigenziali nel 2017, in aumento rispetto al 2010 quando erano il 17%.
Ma in media, solo un quarto del tempo che il servizio pubblico ha dedicato alla campagna elettorale ha coinvolto una donna. Questo trend vale per la maggioranza dei partiti italiani, Casapound a Forza Italia, Pd, M5s, ecc. Gli unici partiti in cui il trend è invertito, sono quelli che hanno una leadership al femminile: +Europa, Fratelli d’Italia, Civica popolare e Potere al popolo. Quindi, evidenzia l’Istituto Cattaneo, “in questa prospettiva emerge anche l’esistenza di un vulnus. Un errore nelle modalità con cui viene garantita un’equità tra le donne e gli uomini che praticano l’attività politica”.
Infine, c’è un dato molto interessante, e riguarda i contenuti della campagna elettorale. I temi veicolati dai canali televisivi del servizio pubblico. Per la maggior parte del tempo, i partiti hanno discusso e litigato sia al loro interno che tra di loro. Litigi sui temi delle alleanze pre o post elettorali, sostanzialmente. In media,soltanto il 30% dello spazio televisivo a disposizione per la presentazione dei loro programmi è stato utilizzato a questo scopo. Cosa più grave, è che tutte le tematiche che riguardano le donne (welfare, istruzione e la questione occupazionale) sono rimaste ai margini. I temi su cui i politici si sono maggiormente focalizzati sono stati: riforma fiscale, sicurezza e immigrazione.
Quindi senza finanziamenti e senza spazi di comunicazione cosa potremmo davvero fare?le elezioni europee si avvicinano e c'è una questione femminile in Europa.
Le donne in Europa, che costituiscono più della metà della popolazione, rimangono un gruppo oppresso.
La filosofa Iris Young ha spiegato che l’oppressione consiste in “qualunque sistema che riduce il pieno potenziale umano delle persone, sia perché trattate disumanamente, sia perché vengono loro negate le opportunità che permetterebbero di raggiungere il loro pieno potenziale umano – mentale e fisico.” Si ricordi che l’oppressione non è solo opera di tiranni crudeli e dalle cattive intenzioni. Infatti, anche una società liberale, dalle ottime intenzioni, può imporre restrizioni strutturali ai vari gruppi sociali di cui si compone, e limitarne la libertà, ove ci si basi acriticamente non solo su regole esplicite ma anche su norme sociali, abitudini e simboli. L’oppressione, secondo Young, ha cinque facce: violenza, sfruttamento, emarginazione, mancanza di potere e “imperialismo culturale”.
Questi dati sono stati raccolti attraverso studi e strumenti recenti, tra cui la prima indagine a livello europeo sulla violenza contro le donne svolta nel 2014 dall’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA), un rapporto basato sulle interviste rivolte a 42.000 donne nei 28 Stati Membri dell’UE; l’eccellente rapporto sull’Uguaglianza tra Uomini e Donne dello stesso anno rilasciato dalla Commissione Europea; e i rapporti dell’Indice di Parità di Genere dell’Istituto Europeo per la Parità di Genere (EIGE), che ha misurato rigorosamente la (dis)eguaglianza tra uomini e donne nell’Unione Europea e la sua evoluzione tra il 2005 e il 2012 tenendo sotto osservazione il divario di genere in ambiti rilevanti per il quadro politico dell’UE, singolarmente e combinati tra loro, inclusi l’ambito lavorativo, economico, culturale, la disponibilità di tempo, le condizioni di salute, ed il potere di cui le donne godono. E, infine, con riferimento alla violenza di cui esse sono vittime.
Perché e come le donne in Europa continuano ad essere oppresse? Dove dobbiamo guardare per intravedere le dimensioni dell’oppressione che vivono le donne in Europa?
Adesso è il momento di sollevare la questione femminile e per farlo dobbiamo liberarci da alcuni dogmatismi, in particolare di quelli che si sono formati attorno ai mercati finanziari globali ed alla loro deregolamentazione, quelli circa l’austerità negli stati neoliberisti e, infine, quelli attorno all’idea della autosufficienza dell’essere umano.
Il miglior modo per predire il futuro è inventarlo!
Isa Maggi
Stati Generali delle Donne