Oggi per comunicare chattiamo.
“Ciaccoliamo” senza emettere suoni, mietendo faccine senza impegno eccessivo, invadiamo lo spazio.
Ma si sa, questo è il secolo del virtuale, allora perché tornarci sopra?
Perché in questa lunga giornata le informazioni ricevute attraverso amici, amici degli amici, amici virtuali, gruppi, enti, associazioni, mi hanno mostrato una lunga, lunghissima sfilza di immagini di cani e gatti, cuccioli o adulti, sani o malati, abbandonati o orfani.
Chi posta la loro immagine, sempre terribilmente infelice, dà notizie in merito chiedendo un’adozione, indicando il modo per raggiungerli, chiedendo al vasto mondo dei social di condividere nella speranza che qualcuno si faccia vivo. Ed io, essere umano impossibilitato ad accoglierne anche solo uno, nonostante volessi prenderli tutti, condivido.
E mi illudo di avere fatto qualcosa per loro.
Li guardo con calma, uno ad uno, mentre loro, lontani stanno ad aspettare me o qualcun altro.
Ovvero noi, che leggendo a scorrimento queste segnalazioni, li guardiamo, velocemente, come ci ha abituato il web, dispiaciuti ma senza un sentimento pari alla speranza che si cela dietro quegli sguardi, immortalati in un click.
Da sud a Nord, da Nord al centro, si elemosina niente altro che un riparo, un po’ di cibo.
Il cambio è vantaggiosissimo: una cuccia in cambio di amore.
In buona fede, ho fatto la mia parte e ho postato quelle segnalazioni. Inevitabile, per chi li ama quanto me, una profusione di like, cuoricini, qualche condivisione.
Dopo qualche giorno, constatando che nella mia chat nessuno si è dimostrato realmente interessato ad agire, sposto quelle immagini nel cestino per non intasare il mio spazio on line spesso inutilmente pieno.
Non ho fatto altro che seguire l’onda della comunicazione virtuale che richiede di fare girare in continuazione notizie, richieste, dati o fatti, non importa di chi e perché, siano persone o animali.
Ed è a questo punto che mi coglie un inusitato senso di colpa, un sentimento che di virtuale non ha proprio niente e mi riconosce persona.
Ogni foto archiviata è la prova del mio inganno umano.