Annamaria Barbato Ricci, giornalista

da | Gen 22, 2011 | Interviste/Video

L’immagine di copertina del libro già trasmette un messaggio. E da qualche settimana in libreria “Le Italiane – dal Risorgimento ai nostri giorni, centocinquanta anni di storia nazionale raccontati attraverso le biografie delle protagoniste della politica, della cultura, della scienza, dell’economia e dello sport”, (Castelvecchi), antologia biografica plurifirma ideata da Annamaria Barbato Ricci, i cui diritti le Autrici hanno voluto devolvere a “Telefono Rosa”.

Incontriamo l’ideatrice, per conoscerne la genesi ed il messaggio.

“Hai ragione – mi dice – la copertina esprime perfettamente il messaggio, anche se ad essa non si è giunti in prima battuta; la scelta iniziale era la banale foto, replicata all’infinito e, di recente, su un libro di altro Editore, in contemporanea in libreria, della donna che mostra il giornale dei risultati del 2 giugno 1946.

Come in un flash, ho ricordato un’iniziativa realizzata 12 anni fa dalla Commissione Nazionale per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, presieduta dalla bravissima Silvia Costa, della quale sono stata il capo ufficio stampa per un lustro, “Ragazze, vi racconto la nostra storia”, che, per i manifesti, aveva scelto proprio la stessa foto.

No, bisognava cambiare. Le donne cambiano – tranne quelle che restano in una posizione di retroguardia, arroccate in un vetero-rivendicazionismo che le isola dalla realtà – dunque, non potevamo rappresentarle con l’immagine di una loro “nonna”, soddisfatta da un’apparente vittoria. Sono piuttosto assertiva di carattere, pertanto ho ottenuto dall’Editore che fosse cercata un’altra immagine e mi piace molto questa “seconda” scelta: la sfocata donna in bicicletta intreccia una serie di metafore, dal dinamismo della condizione femminile nel secolo breve, il ‘900 – dove le donne hanno realizzato incruentamente la più grande rivoluzione della storia – alla conquista di nuova “strada”. Certo, abbiamo solo la bicicletta (e pedaliamo sodo), quando, per stabilizzare una parità di fatto e di diritto avremmo dovuto salire a bordo di una Ferrari, ma le nostre gambe sono forti e desiderose di accompagnarci nella realizzazione effettiva della parità e delle pari opportunità.”

Come ti è venuta l’idea del libro? 

“A fine 2009, l’amico scrittore Carlo Martigli mi aveva presentato Piero d’Amore, gran patron di Castelvecchi, che gli ha edito il romanzo di successo “999, l’ultimo custode”; con un’amica molto cara, nel gennaio 2010, avevo fissato con lui un appuntamento per sottoporgli alcuni manoscritti. Parlammo di un libro su Nilde Iotti, che la sua casa editrice aveva appena pubblicato, dialogando sul ruolo da lei svolto nella storia del ‘900. Fu allora che mi venne spontaneo riflettere ad alta voce, con i miei interlocutori, riguardo al silenzio tombale che ci sarebbe stato sul ruolo delle donne nei 150 anni dell’Unità e che aveva bisogno di un riequilibrio, rispetto ai massicci festeggiamenti in programma nel 2011, protagonisti unicamente i cosiddetti “Padri della Patria”.

Poiché, però, “mater semper certa est…” e qui si trattava, invece di un’Italia senza Madri, praticamente nella ruota degli Esposti, proposi a d’Amore l’idea di un’antologia al femminile che ripercorresse i 15 decenni attraverso le biografie di donne significative, scritta da donne della cultura e delle istituzioni altrettanto significative.

Una scelta ardua che, con la mia amica, lei superesperta in storia delle donne, si sostanziò in un elenco nel giro di un paio di telefonate.

La mia personale etica, però, mi avrebbe impedito di lucrare sull’opera. Concepii, dunque, di cederne i diritti ad un’Associazione che desse un aiuto concreto alle donne in difficoltà e fu per questo che contattai la Presidente di Telefono Rosa. Con la mia amica ci recammo ad un incontro con la dirigenza e fu… fumata bianca; anzi, rosa.”

Perché queste 15 donne? 

” Ognuna di loro, per un verso, è stata anticonformista e “irregolare” rispetto ai canoni che imponeva la società in cui si trovava a vivere. Ciò appare più marcato nel caso delle protagoniste più “antiche”; in tutte c’è una forza, un sacro fuoco di autorealizzazione, un desiderio di non lasciar inaridire i propri talenti che colpisce e motiva.

Sarebbe bello se le giovani generazioni metabolizzassero il messaggio che viene da queste splendide figure femminili: le ragazze imparerebbero che esistono ideali ben più alti di quelli contrabbandati dall’attuale società dell’immagine; i ragazzi che occorre coltivare un imprinting di amicizia e dialogo fra i sessi, piuttosto che di prevaricazione.”


Potresti definire le 15 protagoniste, un trailer per incuriosire ulteriormente le lettrici ed i lettori?

“Sandra Artom ha saputo mirabilmente rendere l’anticonvenzionale Cristina di Belgiojoso, tenera e forte al tempo stesso, votata alla causa della libertà dell’Italia dagli stranieri; il suggestivo dialogo immaginario di Laura de Luca con Madre Francesca Cabrini ci dà uno spaccato interessante dell’azione di questa piccola donna-panzer, che seppe portare conforto ad un’emigrazione italiana disperata, partita per “terre assaje luntane” alla ricerca di futuro – e questo dovrebbe far sorgere qualche rimorso a chi respinge gl’immigrati che oggi approdano in Italia; ricordo che, forse per misterioso “segno”, Francesca Cabrini era lombarda -; Brunella Schisa ci ha descritto con una quasi compenetrazione e venature d’affetto Evelina Cattermole, la fatale Contessa Lara, vittima di se stessa, ma anche formidabile donna di lettere, un personaggio che la biografa riscatta dall’immagine deteriore che le malelingue del tempo tracciarono di lei.

E, ancora, donna Matilde (Serao), madre di tutti noi giornalisti, un personaggio di potenza incommensurabile che felicemente Donatella Trotta ha narrato con la confidenza di chi, come lei, ne è la biografa “ufficiale”, sapendocela far conoscere al di là delle rocciosità esteriori, dovute proprio dall’essere una donna in un mondo prevalentemente maschile; c’è poi Teresa Filangieri Ravaschieri Fieschi, grande filantropa restituitaci dalla felice penna di Antonella Cilento in tutta la sua grandezza di maestra di solidarietà, fondatrice dei primi ospedali pediatrici in Italia in una Napoli assediata dal colera e dalla povertà, oltre che – è una costante – dai rifiuti solidi urbani; ed eccoci giunte all’unico Premio Nobel per la Letteratura al femminile che abbia avuto l’Italia, la sarda Grazia Deledda, il cui profilo biografico è stato dipinto con grande sensibilità da Antonella Appiano, abile nello sconfiggere l’iconografia classica di una donna che lei rivela seduttiva e di una forza interiore incrollabile. Grazie, Antonella, per averci fatto comprendere così tanti decenni dopo, quanto fosse meritato quel Premio Nobel!

Lasciando i misteri della Roma antica risolti dal suo personaggio, il senatore Publio Aurelio, Danila Comastri Montanari ha dato dimostrazione di multiforme ingegno col racconto della vita di Maria Montessori, colei che rivoluzionò la pedagogia in Italia (e nel mondo), estraendo il soggetto bambino dalla massa informe del termine generico “infanzia” e conducendo una vita così densa, da valere cento vite; Maria Rita Parsi ci ha donato l’emozione di seguire la nascita di due grandi aziende, in due settori diversi, l’alimentare e l’abbigliamento, partorite dalla fertile, amorevole mente di una donna sola, la perugina Luisa Spagnoli, unica presenza femminile nel “Senato” dei grandi capitani d’impresa dei primi decenni del ‘900: una donna che effondeva amore intorno a sé, prendendosi maternamente cura delle sue operaie e curandone l’emancipazione da un contesto territoriale ancora fermo ad una realtà rurale e chiusa.

Telefono Rosa ha voluto dedicare il suo omaggio alle vere “Madri della Patria”, le 21 Costituenti – il cui elenco, purtroppo, sarà saltato per motivi di editing – che diedero il loro apporto alla nascita della Nazione, partecipando alla creazione della Carta fondamentale che ci regola ed amministra, a cominciare dall’articolo 3, capolavoro di Lina Merlin, che sancisce la parità “anche” fra i sessi.

Un capitolo questo che è lo snodo che conduce al secondo dopoguerra, dove il libro ha evidenziato altre donne d’eccellenza che si sono distinte in quanto “speciali”.

Come Tina Anselmi, per la quale la sua biografa di fiducia, Anna Vinci, con la perizia che la contraddistingue, ha saputo elaborare un ritratto tale da renderne l’anima forte e nobile, la dedizione per il bene comune ed il senso dello Stato: fu la prima donna ministro ed ebbe il difficile compito di dipanare la matassa intricata della Commissione d’inchiesta sulla Loggia P2, un cancro che voleva minare lo Stato alle sue radici e le cui metastasi, come personalmente mi confessò la stessa Anselmi in un nostro incontro di una diecina di anni fa, sono rimaste latenti nell’organismo istituzionale.

Dalla sua profonda competenza in materia, Laura delli Colli ha saputo disegnare un ritratto collettivo delle attrici degli anni ’50 e ’60, Alida Valli, Anna Magnani, Silvana Mangano, Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Monica Vitti, Claudia Cardinale, ovvero le signore del cinema, dotate di carisma e di fascino e non le bellocce inconsistenti e inespressive che scalano il cinema dei giorni nostri, specializzate in cinepanettoni e cineferragosti.

Un compito difficile, ma perfettamente andato a segno è stato quello toccato a Simonetta Matone, che si è trovata ad affrontare un personaggio controverso e nato per “épater les bons bourgeois” come Palma Bucarelli, Musa fra le Muse, Direttrice d’acciaio della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, che fu la tenace promotrice dell’arte contemporanea e mieté cuori ed amori, senza distrarsi, però, dalla missione culturale che si era assunta.

Altrettanto complesso è stato il lavoro affrontato da te, cara Marta: abbiamo concertato di accollarti un personaggio “difficile” non perché se ne era scritto poco, ma, al contrario, perché se n’è scritto troppo, ossia Nilde Iotti. La tua luce di scrittrice ispirata ti ha consentito di affrontarla senza scadere nell’iconografia ricorrente, nell’agiografia, nel banale, nel già detto e sentito, specie in confronto ad altre biografie, interi libri, stucchevoli e prevedibili. Onore dunque a te, ed a Nilde Iotti, altra Madre della Patria, non solo fra le 5 donne facenti parte della Commissione dei 75, nucleo all’interno dell’Assemblea Costituente che si occupò della concreta scrittura della Carta Costituzionale, ma anche, e soprattutto, grande Presidente della Camera, esempio di mai più replicata dignità ed equilibrio nell’esercizio della sua carica istituzionale.

Evelina Christillin è una donna così “speciale” che avrebbe potuto essere lei stessa una delle nostre protagoniste; con grande umiltà e spirito di servizio si è prestata a scrivere il profilo biografico di una sua concittadina, Rita Levi Montalcini, Premio Nobel nell’86 in una disciplina scientifica come la medicina, dove le donne erano approdate, in Italia, neanche cent’anni prima. Il “suo” ritratto appare intriso d’affetto e di rispetto e privo di retorica, dandoci un’immagine della grande scienziata sia nel quotidiano, persino nel lessico familiare, sia nella vita professionale.

Non poteva mancare lo sport: l’amica Stefania Quaglio, bravissima giornalista di agenzia, ci presenta con la sintesi mirabile che la contraddistingue, la “persona” Sara Simeoni, atleta olimpica che ha donato allo sport italiano grandi soddisfazioni, ma anche donna e madre che ha saputo bilanciare tutti i suoi ruoli con equilibrio e saggezza.

Per ultimo, eccomi. Il “mio” personaggio, Fiorella Kostoris, è la massima economista che l’Italia oggi possiede (ma ne aveva mai possedute altre?). Grazie agli incontri che hanno preceduto l’estensione del “mio” capitolo, abbiamo sviluppato fra noi amicizia ed affetto. La sua storia è di estremo interesse, quasi la parabola esemplare di una donna forte e coraggiosa che ha trattato discipline scientifiche fino ad allora quasi relegate in un metaforico Monte Athos. Un personaggio (ma soprattutto, una persona) che sono orgogliosa di aver rivelato al grande pubblico, con una storia personale alle spalle densa di successi, a cominciare da quella borsa di studio della Fondazione Einaudi, che la condusse ad essere la prima studentessa italiana ad approdare al MIT di Boston, e per di più allieva del grande Franco Modigliani, studiando indefessamente 14 ore al giorno, ininterrottamente per 2 anni.”

Tira il fiato, ci hai subissato con le tue autrici e “personaggie”!

“Ritengo che andasse fatto, era mio dovere rendere onore alle grandi scrittrici, giornaliste, donne delle istituzioni che hanno consentito e collaborato disinteressatamente affinché una mia idea divenisse realtà, condividendone lo spirito solidale. E non perché appetisco meriti o medaglie al valore. Avendo lavorato a vita come addetto stampa, apprezzo più la posizione del consigliori che la prima linea. Questa è un’opera corale, che non ci sarebbe stata se non avessi accompagnato la mia amica, per tutt’altro scopo, dall’Editore.

E non sto qui a vittimizzarmi sul gran lavoro, diplomatico e di convincimento a donare gratuitamente la propria opera ed affinché i tempi di consegna fossero rispettati, che ho sviluppato perché questo libro vedesse la luce.

Chi fa qualcosa con amore, convinzione e professionalità, non sente il peso dell’impegno, il fardello le è lieve. Le donne da sempre fanno mille parti in commedia senza sentirne il basto. Purtroppo, lo scarso spazio concesso loro da una società androcentrica, a volte fa sviluppare una lotta intestina intra-genere, alla ricerca di ribalta. E’ questo che le rende perdenti ancor prima di partire. Invece di pensare a fare sinergia, nella mirabile, altruistica maniera che ha guidato tutte le autrici di questo libro, si permette al proprio ego frustrato e alla rivendicazione di un ruolo di tentare di soffocare un cammino comune di crescita culturale e sociale. Imitando il modello maschile del muoia Sansone etc.; quando, invece, il ruolo della donna è stato, dal principio dei tempi, quello di dare la vita.”