di Marta Ajò
In quel primo giugno del 1946 forse nell’aria si potevano fiutare i fumi lasciati dai bombardamenti, annusare odori di suoli e campagne aride, di macerie polverose che nascondevano qualcosa di vita passata, si potevano quasi ancora ascoltare i lamenti, udire urla e pianti, vedere muovere persone prive di arti sostenute da grossolane stampelle. Quello era ciò che era rimasto dell’Italia uscita da anni di fascismo e dalla guerra.
Erano uomini dai pantaloni larghi, forse ancora quelli usati nella resistenza sulle montagne, ed erano donne segnate nel volto e nel corpo, fanciulli con sguardi senza sogni. Erano gli anni di chi voleva chiedere conto di ciò che era avvenuto, di chi avrebbe potuto consumare la propria vendetta personale al di fuori di leggi e controlli. Erano gli anni in cui si contavano lutti e perdite.
Ma furono anche gli anni che segnarono la riscossa, il momento di voltare pagina, di costruire il futuro. Era questo il motore che spinse cittadini e cittadine a recarsi alle urne elettorali quel giugno del ’46.
Perché i traditori, che avevano venduto l’Italia allo straniero e gli italiani alla dittatura, dovevano cedere il passo al popolo chiamato per decidere di quale forma di stato dotarsi.
Esso si espresse in modo netto e chiaro.
Per la prima volta dal 1924, il 2 e 3 giugno 1946, gli italiani affrontarono una libera votazione a suffragio universale. Uomini e, per la prima volta, donne furono chiamati a scegliere tra repubblica o monarchia, un voto il cui risultato avrebbe cambiato per sempre il Paese.
A quel referendum si fronteggiarono le forze politiche uscite dalla guerra e dalla resistenza di tutti gli schieramenti. Non solo un voto per la Repubblica ma anche per coloro che avrebbero dovuto costituirla e governarla.
Come era già avvenuto in guerra, nella resistenza organizzata e nei gruppi di sostegno, moltissime furono le donne che con un’ azione, casa per casa, contribuirono ad informare le altre sul valore di quel referendum ottenendo una massiccia partecipazione con una percentuale altissima di elettorato.
Immagini sbiadite di allora ci mostrano file di donne, di tutti i ceti, in tutti i luoghi, davanti alle urne. L’ignoranza era generalizzata ma ancora di più per tutte quelle che erano state relegate al ruolo di fattrici, madri e mogli. Per alcune anche mettere un segno o scrivere un nome su una scheda poteva rappresentare una difficoltà. Seppero dunque avere un moto di riscatto.
E le donne conquistarono anche la presenza nei seggi parlamentari, e tutte ebbero un ruolo politico di rilievo partecipando alla stesura della Costituente sulla quale ancora oggi si basano i nostri principi.
Articolo 3, comma 1, della Costituzione. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Il nostro Paese, in gran parte distrutto, avviò faticosamente una politica di ricostruzione, anche morale, che vide impegnata tutta quella nuova classe dirigente mentre nel Paese, per la prima volta dopo cinque anni di guerra mondiale, forte si avvertiva il senso di un Italia libera.
La celebrazione del 2 giugno, al delle formalità, va rispettata non solo per rendere omaggio ai tanti morti per l libertà, alle tante donne che hanno combattuto a fianco loro con azioni valorose, ai tanti bambini a cui sono fu sottratto il diritto alla fanciullezza.
Le nuove generazioni, i “millenials”, ignorano che per consentire loro la libertà di cui oggi godono, molti la persero. È necessario non dimenticare cavalcando le nuove onde di questo secolo.
Ed ancora alle donne è riservata in larga misura la responsabilità di guidare i giovani, non solo accudimento ma educazione civica e memoria storica.
Il 2 giugno le donne non acquisirono solo il diritto al voto ma anche quello della partecipazione e della rappresentanza per la quale lottarono allora e per tutti gli anni successivi. Quello dell’uguaglianza, della parità e del diritto è ancora una battaglia non esaurita. Partita da molto lontano essa è ancora il perno delle discussioni e delle riflessioni di genere. Fino a quando l’uguaglianza sarà affrontata solo come dato formale, come norma, il suo valore intrinseco non si tramuterà mai in dovere e consapevolezza collettiva.
pubblicato su Dol's Magazine, 31 maggio 2019