Apre la lettera destinata alla moglie: paga multa e danni. Evitare il mantenimento non è giusta causa, 30 settembre 2011

da | Ott 6, 2011 | Anno 2011

Apre la lettera destinata alla moglie: paga multa e danni. Evitare il mantenimento non è giusta causa
Impossibile scriminare la sottrazione di corrispondenza bancaria in vista della sentenza di separazione

Orientamento: difforme  Consulta massima e sentenza relative all’articolo
Multa di 200 euro, più il risarcimento danni e altri 1.500 euro di spese processuali alla parte civile. Costa caro, al marito, l’improvviso colpo di testa alla fine di un amore: gran parte dei soldi da sborsare, fra l’altro, va all’ex partner. Che è successo? Pende il giudizio di separazione e la moglie pretende l’assegno di mantenimento: lui, nel frattempo, viene in possesso di una lettera indirizzata a lei da un colosso del settore bancassurance. «Qui gatta ci cova», pensa l’uomo, e decide di aprire la corrispondenza, premeditando di utilizzare di fronte al giudice civile la notizia di quel rapporto patrimoniale evidentemente rimasto nascosto fino a quel momento. E la fotocopia del documento risulta effettivamente esibita nel giudizio di separazione da parte del marito, che punta a stroncare le richieste economiche di lei, sventolando sotto il naso del giudice la prova dell’esistenza di una polizza vita che invece la moglie voleva mantenere segreta. Ma attenzione: lui non può invocare la «giusta causa» prevista dal secondo comma dell’articolo 616 Cp e dunque non può evitare la condanna, nonostante in passato la giurisprudenza di legittimità abbia ritenuto la sussistenza della scriminante in un analogo caso di rivelazione del contenuto della corrispondenza. È quanto emerge da una sentenza pubblicata il 29 settembre 2011 dalla quinta sezione penale della Cassazione.

Matrimoni e patrimoni
Il collegio si discosta dalla stessa relazione ministeriale oltre che da un precedente indirizzo interpretativo in tema di articolo 616 Cp. E lo fa seguendo la dottrina secondo cui è ancora del tutto aperto il dibattito sulla produzione in giudizio di documenti ottenuti illecitamente, tramite la lesione di un diritto fondamentale, come è quello alla riservatezza della corrispondenza, tutelato dall’articolo 15 comma 2 della Costituzione oltre che dalla legge. E poi la giusta causa presuppone che la rivelazione in giudizio della corrispondenza bancaria sia l’unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge controparte. Mentre il marito avrebbe ben potuto chiedere al giudice di ordinare alla moglie o all’azienda l’esibizione di un documento, come la lettera, di cui riteneva necessaria l’acquisizione al processo. Insomma, l’interesse offeso di lui poteva essere tutelato in altro modo, senza violare la privacy di lei. Né risulta sufficiente a integrare l’invocata scriminante il rilievo che l’agente sia stato determinato alla condotta da un movente che di per sé non è riprovevole. Inutile, infine, invocare la prescrizione del reato: il termine comincia a decorrere dall’apertura della busta “incriminata” e la difesa non riesce a dimostrare errori di calcolo. Non resta che mettere mano al portafoglio.