di Paola La Grotteria*
Maria ha 25 anni, e una bella faccia onesta, una voglia di imparare ancora e, soprattutto di lavorare bene e non essere sfruttata e usata perchè ha “solo” un'età giovane. Pretende infatti un lavoro di dignità, non un apprendistato che dopo 18 anni di istruzione la fa sentire ingabbiata e viene in psicoterapia da me anche per questo disagio.
Maria mi ha contattato per difficoltà relazionali circa 6 mesi fa. Le difficoltà o problematiche con gli altri nascono da un trauma pricipalmente, ovvero dall'essere stata vittima di un incidente, in un pomeriggio estivo, in cui il padre, quando la famiglia era su di un prato con un barbecue, le sparge, per sbaglio, del liquido infiammabile, in modo da coprirsi, per alcune aree del corpo e sul mento, di cicatrici. Per il resto dei suoi legami fondamentali, Maria è abbastanza soddisfatta.
Questa giovane “dalle belle speranze” si è presentata presso il mio studio come una ragazza adeguata nei modi, educata, e con un'intelligenza fine, sagace e molto desiderosa di affermarsi e affermare la sua intelligenza grazie ad un lavoro adeguato anche a livello economico. Perchè parlare di soddisfazione economica a quell'età? Perchè sì, perchè è da subito che si ottiene un riconoscimento e non si fa vivere il soggetto di un lavoro alienante e frustrante, specialmente chi ha voglia di mettere in pratica concetti e competenze non più astratti e fumosi, ma reali e realmente consistenti per la società. E come fa la società a restituirti una identità in tal senso? Con un ruolo nel mondo del lavoro, che fin da subito ti rimandi un Sè di rispetto e che coincida con quanto raggiunto negli studi.
Ha conseguito infatti nel giugno 2020, in piena pandemia milanese, una laurea specialistica in Scienze della Comunicazione presso l'Università Statale degli studi di Milano, a pieni voti. La laurea è stata una bella soddisfazione, sia personale che familiare, che di amici e amiche che l'hanno da sempre stimata. Ma adesso cosa farne? Appena laureata trova una discreta occupazione presso un'azienda multinazionale in cui però le offrono un contratto veramente scadente perchè la inquadrano con un profilo di “beginner”, cioè solo di inizio carriera, non un vero e proprio apprendistato, ma dal punto di vista sia del compenso che della mansione deludenti. Infatti doveva svolgere mansioni come occuparsi del centralino e di raccogliere le lamentele!
Così cerca e trova, dopo circa 1 anno e mezzo di invio incessante di CV, un lavoro che fa per lei, nell'ambito della comunicazione aziendale e nell'E-commerce di prodotti farmaceutici. All'inizio contenta per quello che sembrava un miglioramento nelle sue condizioni lavorative, che dovevano permetterle di mettere in luce le sue caratteristiche acquisite di conoscenza, successivamente diventa delusa da un inquadramento di contratto “solo” di apprendistato, con una bassa remunerazione ma di tanto lavoro però qualificato, sia qualitativamente che qualitativamente.
Così si sente un'altra volta insoddisfatta, e non solo per questo tipo di condizioni lavorative, ma anche per un tipo di rapporto con il “capo”, il manager di questa nuova azienda, a conduzione familiare, irrequieto e instabile, iroso e suscettibile e molto spesso manipolatorio a livello emotivo, che la fa sentire essere dipendente in modo subdolo da lui e ingabbiata, dato che vorrebbe emergere nel suo ambito professionale, ma lui non glielo permette.
Così mi confida di voler specializzarsi, voler ottenere una formazione adeguata nel suo campo professionale e svolgere dei corsi appropriati. Ma, ahimè, questo capo così “bossy” con lei come con gli altri dipendenti, non le concede di seguire questa formazione consona ad una professionalità crescente e le consiglia di studiare ad agosto! Capite cosa significa, ad agosto! Mese di pausa dal lavoro e ripresa delle energie mentali e fisiche. Ma il gran boss non l'ascolta e fa finta di estorcere una comprensione per questo diniego, ponendole la questione che lei, adesso, serve per lavorare, non studiare… Senza considerare inoltre la sua posizione di apprendista e richiedente, in modo da spettarle per diritto, una formazione adeguata.
Nell'ultima seduta le dico di “rinunciare” razionalmente al senso di gratificazione nel caso volesse liberarsi di un capo così istantaneamente e di un lavoro che la ingabbia a tutti i livelli, essendo anche locato a circa 25 Km.da casa sua. E poi, senza impulsività o troppa rabbia, gestendo così delle emozioni spontanee e proprie di una situazione simile, le consiglio di cercarsi un altro lavoro più dignitoso e rispettoso del suo desiderio di soggetto competente e responsabile, così da avere comunque, faticosamente e in modo combattivo, una base “sicura” a livello economico, ma puntando a soddisfare la sua voglia di affermazione personale nel suo campo e nelle relazioni lavorative.
Per concludere, Maria sembra avermi ascoltato quando le ho proposto di non rispondere in modo istintivo alle emozioni più negative rispetto ad una delusione così netta, ma sembro aver ascoltato anche io la sua più profonda alienazione ed insoddisfazione perchè, a fine seduta, al momento del saluto, mi risponde:” allora sarò tenace ed equilibrata, non farò il gioco del capo, ma il mio! E mi metterò a cercare un lavoro di tutto rispetto!”
Paola La Grotteria, – Psicoterapeuta, Monza