Cosacche: fiere e libere. Vanno a cavallo e usano la spada, di Cristina Carpinelli

da | Giu 28, 2014 | Donne dal mondo

Yulia Tkachenko, 66 anni e un figlio, è l’Atamana alla guida delle truppe cosacche che incarnano la rinascita di uno spirito nazionale russo

 

Le cosacche, nate schiave e sottomesse al marito, vanno a cavallo e usano la spada come gli uomini. Anche se nella steppa non è rimasto più spazio per il galoppo. Le cosacche sono fiere, indomabili, libere (la parola kazak tradotta dal turco significa “uomo libero”) e pronte a dar la vita, come quelle del “Battaglione della Morte”, che morirono per lo zar durante la guerra civile russa. Dal 2006, a Belaja Kalitva, nella regione di Rostov, che dal 1991 è il cuore della rinascita cosacca in Russia, per la prima volta un collegio per cadetti militari ospita 80 ragazze a tempo pieno. Il colonnello Jurij Leonov, direttore della scuola, confessa che sono più brave dei maschi nello studio, e alla pari negli sport. Per cadetti e cadette sono previste stesse materie di addestramento fisico: equitazione, alpinismo, parapendio, immersioni, combattimento corpo a corpo, judo, corsi di sopravvivenza e addestramento tattico, gare di lancio di coltelli e tuffi. Nel collegio militare si formano delle autentiche cosacche.

I cosacchi non sono una razza, né un’etnia, piuttosto incarnano la rinascita di uno spirito nazionale russo. 740mila sono quelli registrati ufficialmente in Russia, ma c’è chi sostiene che sono molti di più. Forse sino a 3 milioni. La terra dei cosacchi è la “Madre Russia”, una patria personificata e santificata, materna e protettiva. Il motto del cosacco è “Gloria alla Grande Russia”. Dopo la repressione dei cosacchi “controrivoluzionari” nella Russia bolscevica, la loro riapparizione nella Russia contemporanea la si deve al nazionalista V. Putin, che li sostiene e li finanzia. Putin vede nel loro fervente patriottismo, nella loro ferrea fede religiosa e disciplina una fucina per le future generazioni. Dal 2000 nella zona tra il Don e il Kuban’ sono sorte decine di scuole militari, con lo scopo di recuperare la cultura e l’eredità cosacca. Esistono, inoltre, speciali unità cosacche nell’esercito russo. Molti villaggi nel sud della Russia hanno un’amministrazione parallela, con compiti quasi-militari.

L’epopea cosacca nasce grazie alla zarina Caterina II di Russia. Per ricompensare i meriti dei cosacchi del Mar Nero nella guerra turco-russa del 1787-1791, Caterina II con l’editto del 3 giugno 1792 regalò ai cosacchi le terre comprese tra la penisola di Taman’ e la riva destra del fiume Kuban’. Il trasferimento dei cosacchi in queste terre iniziò da subito. Qui i cosacchi del Kuban’ fondarono nel 1793 Ekaterinodar (l’odierna Krasnodar), che significa “dono di Caterina”. Le cosacche russe del Don sono discese sino all’estremo lembo nord-orientale dell’Italia, il Friuli e la Venezia Giulia, nel corso dell’ultima guerra. Fu Hitler a trasferire i cosacchi collaborazionisti in queste terre, con la promessa di fondare una “Kosakenland in Nord Italien”. Lo storico e giornalista Pier Arrigo Carnier testimonia nel suo libro L’armata cosacca in Italia, 1944-1945 che ai primi di maggio del 1945 a Ovaro (Comune in provincia di Udine) una donna cosacca in uniforme da ufficiale si era presentata al cospetto dell’atamano generale Pëtr Nikolajevic Krasnov, dichiarando: “Sono il comandante del battaglione ‘Nina Bojko’. Si trattava di un battaglione cosacco di sole donne, fresco di costituzione, il cui nome “Nina Bojko” evocava un’eroina cosacca, ufficiale della controrivoluzione (1917-1918)”. Detto battaglione di soldatesse cosacche, in bella uniforme, proveniente dal Reich, era giunto in Italia, destinato alle spalle della linea contrapposta dai tedeschi all’avanzata alleata sul fronte del Po. Nel dopoguerra, con le truppe in ritirata, nel capoluogo di Tolmezzo (Comune in provincia di Udine) furono viste “…donne gagliarde, cosacche del Kuban’, dell’Orenburg e delle steppe boscose della Chopra e Medvediza del Don settentrionale, uomini fieri, e donne tipiche del Kuban’ imperiose nell’aspetto ma dolci nel linguaggio, dal capo avvolto nelle sciarpe e nei ‘foulars’ dai disegni rosso-blu e dalle vesti e lunghe gonne inzuppate di pioggia”. Fra le cosacche transitate in ritirata per Ovaro vi fu “Tatiana Danilewitsch (…), dirigente della Scuola allievi ufficiali cosacchi (Junker), insediata a Villa Santina. Passò ugualmente per Ovaro la cosacca E. Kriklenko, dottoressa, membro dell’equipe medica dello Stato maggiore cosacco. (…) Tatiana De Dubrowsky, comandante dei cosacchi a Tauriano sulla sponda destra del Tagliamento, Kati Ilikeria Lietschenko, galiziana aggregata ai cosacchi, Fatianow Pelageja, cosacca del Kuban’ che fu a Osoppo, Tamara Koval’skaja, Zinaida Zaretskaja e molte altre ancora”. Transitò in ritirata per Ovaro anche il Battaglione femminile cosacco della morte “Maria Bochkareva”, che proveniva dalle retrovie del fronte del Po.

Ancora oggi esistono delle cosacche. Yulia Tkachenko è l’unica donna Ataman a capo di truppe cosacche da oltre 10 anni. Sotto di lei ha 380 “guerrieri”. Ha 66 anni, è sposata e ha un figlio. Vive nel villaggio boschivo di Machra (distretto di Aleksandrov, regione di Vladimir) a circa 200 km. da Mosca. Indossa dei pantaloni a strisce rosse (o una divisa militare femminile) e un cappello di pelliccia alto, ha il suo cavallo, perché come lei stessa afferma “un cosacco senza cavallo, non è un cosacco”, e tira di spada. Possiede anche una frusta di cuoio nero, simbolo di potere. È il Consiglio degli anziani cosacchi del villaggio, da lei diretto, che decide verso chi usare la frusta. In genere, per punire i teppisti. Ed è sempre questo Consiglio che decide chi arruolare nell’esercito cosacco (donne incluse). È lei che presiede il rito d’iniziazione dei giovani: questi devono prestare giuramento, ricevere un numero simbolico di colpi di frusta e bagnarsi presso la sacra fonte. Oltre al Consiglio degli anziani, un’altra istituzione di primo piano è il Sacerdote di rito russo ortodosso scelto dal Consiglio stesso. La fede nella religione cristiano-ortodossa è per tutti i cosacchi la “legge principale”.

Ma com’è potuto accadere che sia stata scelta come capo dei cosacchi una donna? Racconta Yulia Tkachenko: “Siamo giunti nella regione di Vladimir nel 1999. Arrivavamo dalla provincia di Pavlodar, e poiché discendiamo dal cosaccato di Ermakovskaya abbiamo deciso di fondare anche qui una comunità di cosacchi. Ci siamo recati a Mosca, per registrarci nell’esercito centrale dei cosacchi. Hanno controllato i nostri documenti, poi un funzionario rivolgendomi la parola mi ha chiesto: ‘Yulia vuole essere lei il capo’? Io ho risposto: ‘Ma sono una donna’. Gli uomini che erano con me si sono guardati in faccia e poi hanno detto: “Va bene, Yulia, tu sarai il nostro capo, noi ti eleggeremo. È andata così. E una volta che vieni eletta Ataman, nessuno osa più sfidarti”. Di solito le donne non sono cosacche Ataman. Yulia T. è un’eccezione. Con fierezza sostiene che “i cosacchi maschi non la temono, anzi la rispettano”. La sua parola nel villaggio è “legge”. Anche se dentro le mura domestiche chi comanda è suo marito, come vuole la tradizione.

Quando s’incendiano i boschi (la steppa è una pianura secca), i primi a estinguere le fiamme sono i guerrieri cosacchi. Al loro seguito c’è sempre l’Ataman, il capo delle truppe, che ha una funzione di comando. Yulia Tkachenko in genere non si addentra nei boschi. Segue le operazioni di spegnimento dell’incendio dal villaggio, consigliando e disponendo sul da farsi.

In tempi passati, era esistita anche un’altra donna atamana. Prima di diventare cosacca era stata monaca. Si chiamava Alëna Arzamasskaja ed era vissuta ai tempi di Stepan Razin. Quando nei pressi di Simbirsk le forze ribelli furono sconfitte nel 1670, Alëna radunò 600 cosacchi e li condusse attraverso i boschi nella città di Temnikov, dove si unirono con le truppe di S. Razin, occupando la città. Secondo alcune testimonianze dell’epoca, nessun uomo fu in grado di competere con lei nell’arte di tirare con l’arco nel corso della battaglia. Miti, leggende? Eppure queste figure di eroine che accendono la fantasia non sono leggenda ma una realtà, anche attuale.

 

NoiDonne

Cristina Carpinelli, Esperta di Est Europeo, ha dedicato studi e saggi sui paesi dell'ex blocco socialista. Fa parte del Centro Studi Problemi Internazionali di Sesto San Giovanni (Mi). Ultima pubblicazione: “La Russia a pezzi” (Achab, 2008).