Crisi economica 2018, perché aumenta la povertà in Italia

da | Giu 18, 2018 | Testimonianze e contributi

L’analisi di Linda Laura Sabbadini: «Cassa integrazione e famiglie hanno solo ritardato la caduta nella povertà. Giovani e minori sono le vittime di una emergenza che la politica ha ignorato per troppo tempo»

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Tecnicamente l'Italia è uscita dalla recessione economica nel 2014. La crisi sociale, però, non si è ancora conclusa e le analisi condotte finora tendono a sovrastimare gli effetti della crescita occupazionale che, per composizione generazionale e qualità dei posti di lavoro, non è in grado di condurre le famiglie italiane fuori dalla povertà. Povertà che, nel frattempo, è diventata la cifra caratteristica non tanto delle persone anziane, quanto di giovani e bambini, terremotando la mappa del rischio italiano.

CRISI SOTTOVALUTATA NELLE URNE. L'analisi è di Linda Laura Sabbadini, esperta di statistica intervenuta al Jobless Society Forum organizzato dalla Fondazione Feltrinelli e che a Lettera43 spiega: «La sottovalutazione della portata della crisi sociale è uno degli elementi alla base del risultato elettorale non solo delle ultime elezioni, ma anche del referendum costituzionale. Non credo che allora tutti gli italiani si siano messi a studiare la riforma articolo per articolo. Ma d'altronde è la stessa cosa che abbiamo visto in America con Trump, o in Gran Bretagna con la Brexit. Si trattava di una rivolta contro le disuguaglianze crescenti». Sabbadini si basa sull'incrocio delle statistiche ad oggi disponibili e che, prese una ad una, impediscono di cogliere il quadro complessivo. Il primo dato da cui partire è la ripresa, «consolidata ma debole: con un aumento medio del Pil dello 0,3% trimestrale non abbiamo raggiunto ancora il livello del Pil pre-crisi a differenza degli altri Paesi Europei. Il gap con l'Europa è cresciuto e si è ridotto nell'ultimo trimestre solo perchè l'economia del Vecchio continente ha rallentato. Con un incremento del Pil così basso è difficile creare molta occupazione».

OCCUPATI? BENE SOLO GLI OVER 50. Eppure la crescita degli occupati, a partire dal 2014, c'è stata ed è stata tanto rilevante da farci giungere, oggi, quasi ai livelli pre-crisi. Il problema è che, se scorporiamo questi dati per fasce d'età, ci accorgiamo che «quella crescita degli occupati è fondamentalmente concentrata sugli over-50, che oggi hanno un livello di occupazione superiore di 16 punti percentuali rispetto all'inizio della crisi». Questo è dovuto alla riforma delle pensioni e al fatto che una nuova generazione di donne che a suo tempo era entrata nel mondo del lavoro con numeri più grandi di quello delle loro madri adesso ha raggiunto i 50 anni. Allo stesso tempo, l'occupazione nella fascia d'età tra i 25 e i 34 anni, a 10 anni dall'inizio della crisi, è ancora 10 punti percentuali sotto ai livelli pre-crisi.

Questo sfasamento generazionale, insieme alla peculiarità dei sistemi di welfare italiano, ha impedito di vedere per tempo la gravità della crisi sociale che si stava innescando: «Abbiamo avuto due crolli occupazionali nel nostro Paese, nel 2009 e nel 2013. Ma fino al 2012 l'impatto sulla povertà non si è visto, tanto che qualcuno iniziava a dubitare della capacità dell'Istat di misurarla in maniera efficace», ricorda Sabbadini. «In realtà», continua, «la povertà assoluta non cresceva perché due ammortizzatori sociali agivano efficacemente, la cassa integrazione che “copriva” i capifamiglia maschi, impiegati soprattutto nell'industria, e la famiglia che proteggeva i giovani che perdevano il lavoro o non lo trovavano dando fondo ai risparmi o indebitandosi».

L'ESPLOSIONE DELLA POVERTÀ. La diga, però, ha retto solo fino a un certo punto. Dal 2012 la povertà assoluta ha iniziato a crescere,raddoppiando. «Da questo valore non ci siamo ancora discostati e le misure di contrasto, come il Rei, sono arrivate troppo tardi, i fondi nel 2018. Sono stati sopravvalutati i possibili effetti della crescita dell'occupazione sulla riduzione della povertà. Non solo la povertà assoluta è raddoppiata, ma per minori e giovani è addirittura triplicata, gli unici stabili sui livelli precrisi sono gli anziani». La crisi che tendiamo ancora a non inquadrare perfettamente è in questi numeri: 1,2 milioni di minori in povertà assoluta, «e questo vuol dire che avranno molta difficoltà a uscire da questa condizione una volta cresciuti». La crisi ha aumentato anche le diseguaglianze geografiche. Un dato di dettaglio, che però rende l'idea della situazione attuale: il tasso di occupazione femminile a Foggia è 40 punti percentuali inferiore a quella registrata a Bologna. «È il segnale che le differenze di genere diminuiscono ma quelle tra donne del Nord e del Sud aumentano sempre di più».

 

Lettera43