Questo inizio di terzo millennio ha confermato ed ampliato tutte le tendenze di cambiamento avviate già nel secolo scorso.
La rivoluzione tecnologica e digitale si è, si sta perfezionando ed è sicuramente l’elemento che più ha cambiato e cambierà il sistema delle relazioni fra gruppi, popoli e grandi economie. In questo passaggio di “consegne” è impossibile prescindere da un “prima” che dia significato al “dopo” e alla necessaria integrazione tra vecchi e nuovi modi di comunicazione. Nessuna forma di sviluppo è facile e questo millennio, carico di novità e promesse, non può che portare al ripensamento di principi sociali e culturali prima che appaiano desueti.
Ci avviamo infatti ad un passaggio tra conservazione-testimonianza della tradizione con un mondo meno definito e più discontinuo; una diversa, impersonale riorganizzazione della conoscenza e semplificazione delle notizie con un aumento spropositato d’informazioni. Quando una cultura è priva di dati e memoria non può definirsi tale, se mutilata di “quell'insieme complesso che include il sapere, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume, e ogni altra competenza e abitudine acquisita dall'uomo in quanto membro della società” essa viene meno.
Al contrario, in questo sistema eccessivamente semplificato e spersonalizzato, la rappresentanza dei bisogni femminili tende ancora ad esprimersi attraverso canali che instaurano quel rapporto tra società e politica che si è sempre più dimenticato e vanificato, come dimostrano questi due giorni di marcia e incontri.
Il movimento delle donne, sviluppatosi negli anni 70’ e fino ad oggi, ha continuato con fasi alternate ma sempre vive e pronte, come vulcani mai spenti, a forme di protesta non fini a se stesse. Cariche d’idee, di analisi, di valori e di progettualità sociale. Una lotta mai individuale ma di gruppo. Un’esposizione non di muscoli ma di intelligenze, di valori aggiunti e diversi, per partecipare alla crescita e allo sviluppo del Paese.
Un posto in più, un ruolo in più, un patteggiamento in più, non sono risolutivi di una questione complessa come quella che pongono le donne, che richiede risposte concrete ed affidabili nel tempo.
Esse hanno sempre denunciato come la responsabilità individuale si debba incrociare con quella collettiva e quest’ultima con quella della governabilità.
Una cattiva cultura, una mancata responsabilità politica della questione femminile, non possono essere sostenute dalla pazienza e dalla coscienza che anima le azioni delle donne ma da risposte adeguate. Non è pensabile guardare allo sviluppo dei prossimi anni senza sanare ferite mai curate del tutto salvo ricadere in un mondo oscurato dalla mancanza di cultura e dalla violenza con cui esse si manifestano in ogni forma e in ogni dove.
Marta Ajò, 27/11/2016