di Romana Petri – Marsilio ed.
Il protagonista di questo romanzo è il padre di Norama Tripe ed è uno scrittore. Non lo è da subito, lo diventa quando ruba un trattore a Barcellona, scappa a Siviglia, trova lavoro in un magazzino di granaglie e lì comincia a leggere. E dopo aver tanto letto, scrive. Il padre di Norama Tripe, fuggendo a cavallo del trattore, ha lasciato dietro di sé una moglie, una domestica rimbambita e la piccola Norama Tripe, che anni dopo, quando ha imparato a leggere, vede su un giornale la foto del padre che, dal vivo, non aveva quasi mai visto. E decide di andare a cercarlo, per riprenderselo.
Tuttavia il padre di Norama Tripe, che di nome fa Jorge, di paterno non ha niente. Dorme nel magazzino di granaglie nonostante il suo editore gli abbia donato una casa e nonostante abbia una devota amica, Dolores, con la quale ogni tanto va a letto e che probabilmente ama. Il padre di Norama Tripe, che è ormai un grande e venerato scrittore spagnolo, desidera restare il pessimo padre che è sempre stato, ma desidera soprattutto che la figlia non metta mai le mani su ciò che ha scritto. La teme, teme che il suo essere pessimo l'abbia resa rancorosa, non verso di lui, ma verso le parole, l'unica cosa di cui gli importi. Anche della signora Dolores gli importa, in un certo senso, perché a lei è toccata la tenacia di attenderlo per tutta la giovinezza.
Dopo i libri dedicati alle vite di Jack London e Mario Petri, Romana Petri ha scritto un romanzo tutto esatto e tutto mentito che racconta anche, dal punto di vista di Norama Tripe (anagramma del nome dell'autrice), la biografia fantastica di Giorgio Manganelli, ripercorrendo, in una Spagna altrettanto fantastica, la vicenda privata e editoriale del grande scrittore. L'anagramma non è un vezzo, ma un ulteriore accenno biografico, perché se Mario Petri è stato il padre naturale di Romana Petri, Manganelli ne è stato il padre letterario. Un romanzo che racconta quanto la vita non si scelga, ma ci tocchi.