Disoccupata ero disoccupata resto. Timbrando ogni mese il cartellino rosa: speranze, aspettative, amarezze di due ragazze iscritte al collocamento.
Milano, Patrizia Terrusa ci parla della sua esperienza: trovare un lavoro qualsiasi a Milano, in questo momento, è ancora possibile, ma trovare un ‘lavoro qualificato che risponda, almeno in parte, alle proprie aspirazioni è sempre più difficile.
La mia storia, certamente non unica, è in un certo senso la testimonianza di quanto sia difficile raggiungere questo obiettivo.
Dire ‘Che ‘sono iscritta all’ufficio di collocamento è una -frase fatta, ‘forse perché, anche se sono « soltanto» degli anni, l’attesa di una proposta di lavoro è talmente spasmodica da farla sembrare più lunga di quanto sia.
Dopo aver lavorato 6 mesi in un supermercato fuori Milano, sono rimasta disoccupata. Così ho accettato la prima proposta offertami: ‘spazzina nel comune di Milano.
L’importanza che ha per me avere un lavoro è immensa, essere autonoma economicamente, quindi essere libera di decidere della propria vita.
Questo lavoro non mi piace, li positivo c’è che ‘sono -impegnata sei ore e mezzo invece di otto, ma per il resto non mi soddisfa, ,lo vedo ‘come qualcosa di transitorio, penso ad una prospettiva diversa. E’ per questo ,che ho deciso ‘di riprendere a studiare, di iscrivermi ad un corso professionale, probabilmente di informatica perché sembra ci siano più possibilità.
Non sono convinta del fatto che basti un corso per aprirmi « Orizzonti nuovi» ma voglio tentare anche questa strada. A me non interessa principalmente guadagnare molto, quello che cerco è un lavoro qualificato, ,che mi gratifichi anche dal punto di vista personale, ,che sia anche un mezzo per realizzarmi come donna, che ,lasci spazio ai miei impegni, ai miei interessi.
Non credo che basti soltanto ‘la mia battaglia personale a ‘realizzare una nuova qualità dei ‘lavoro, ‘certamente è una battag1ia collettiva, difficile ma da perseguire.
Credo che adesso più che mai sia indispensabile essere qualificati -sul mercato del lavoro, è l’unico modo per avere più « ‘chance» e, ‘soprattutto per le donne, questo diventa necessario se non vogliamo che ancora una volta ‘le discriminazioni, che grazie alla ‘legge ‘di parità sul lavoro che abbiamo -conquistato, passino attraverso 1a selezione professionale.
Concludo dicendo ,che sono profondamente convinta ‘che per vincere lo scontro ‘in atto, dobbiamo « alzare il tiro ».
Napoli, Anna Di Paola, trent’anni, laureata in lingue e ‘letterature straniere da tre. Dall’età di diciotto anni iscritta al collocamento di S. Sebastiano al Vesuvio, un piccolo centro alle pendici del Vesuvio, a pochi ‘chilometri da Napoli.
Non ha mai ricevuto una « chiamata », come si dice nel napoletano; il collocamento cioè non è mai riuscito a trovarle un posto.
« Quando ho finito la scuoia, ho un diploma di perito chimico, avevo tante speranze. Credevo in due cose essenzialmente, entrambe rivelatesi sbagliate. Racconta Anna con amarezza – L’una che possedevo un diploma qualificato; l’altra che se tutto andava male, prendevo la laurea e potevo sempre insegnare ».
E ‘invece come sono andate le cose?
« Ho atteso due anni prima di ,comprendere che i periti chimici sono certo importanti, ma devono portare i ‘calzoni. Tutte le fabbriche alle quali mi sono presentata mi hanno fatto lo stesso discorso: « sa, noi con le donne ci andiamo piano». Le più gentili invece si limitavano a consolarmi “vedremo, non si sa
« Si, due come ho già detto – prosegue Anna – o decido di iscrivermi all’università pur continuando timbrare ogni mese il "cartellino rosa", di disoccupazione, il mio unico collegamento con lo stato di diritto. Mi laureo; fra l’altro studiando lingue come il russo, il polacco e vincendo anche una borsa di studio per
Cosa è successo invece?
« Nulla o meglio qualcosa è -successo ma per me non è cambiato niente – prosegue Anna – L’anno. scorso c’è stata la riforma del collocamento. L’istituto era da troppo tempo sotto accusa: le sottograduatorie in cui era -suddiviso permettevano intrallazzi indescrivibili. Perfino la commissione di controllo di cui fa parte pure il sindacato, impotente, si era dimessa. Ebbene anche stavolta mi sono detta: forza e coraggio, pulizia sarà fatta, ho più speranze».
Non è stato cosi?
« No. Dopo i primi momenti di euforia, siamo ritornati al punto di prima. Non voglio dire che pulizia non ci sia stata o che ‘era meglio quando era peggio. Per carità: il listone unico al quale ci si iscrive adesso perlomeno offre qualche garanzia da questo punto di vista. Ma non è una grande soddisfazione… lo disoccupata ero e disoccupata resto … ». Le speranze di cui parla Anna sono state di molti a Napoli. Perfino un ministro – Foschi – venne per rinfocolarle. «Ci sarà lavoro per tutti, vedrete» , disse. « Erano bugie e per le donne sono -state ancora più cocenti – continua a raccontare Anna – esempio le donne che hanno preso il sussidio di disoccupazione sono nell’ordine delle decine. Qualcuno ha detto che sono considerate più « ricche» ,degli uomini perché il reddito loro è sempre aggiunto a quello del padre o del marito, per cui non "possono" essere disoccupate. Deve essere vero. Io per esempio non l’ho avuto perché la pensione di mio padre è ‘considerata anche mia; Cioè io risulto a suo carico perché non sono sposata ecc. ecc .. Se ero sposata però non cambiava gran ché, sarei risultata a carico di mio marito … ».
Commento di Marta Ajò
Dopo 25 anni questo articolo, pubblicato sul numero di marzo.aprile 1982 su "Donne e politica", la rivista bimestrale a cura della Sezione femminile del Pci,
si commenta da solo.
Potrebbe anche esser stato scritto adesso! Sarebbe interessante poter parlare di nuovo con Patrizia ed Anna, per sapere come è finita la loro storia.
Quello che sappiamo noi, oggi, è che purtroppo da allora le cose, per molte, troppe ragazze, la situazione non è migliorata.