di Linda Laura Sabbadini*
Nel 2021 il congedo di paternità verrà portato a 10 giorni. Ci adeguiamo alla direttiva Ue del 2019. Nel 2012 i neo-papà avevano diritto a un solo giorno, che poi è stato alzato fino a 7. E ora a 10 obbligatori. Ma quali papà potranno fruirne? Il congedo è operativo per i dipendenti privati . È un provvedimento che viene incontro al desiderio di paternità crescente di quei papà che vogliono seguire più da vicino ai propri figli alla nascita .
Rafforza il diritto dei padri a farlo, senza per questo essere stigmatizzati nella propria azienda . Non credo,però, che sia particolarmente efficace dal punto di vista della riduzione dell'asimmetria dei ruoli all'interno della coppia. O perlomeno non lo è da solo. Soprattutto se viene fluito in concomitanza con quello preso dalle madri. Sarebbe necessario che i padri si attivassero nell'assistenza dei propri bimbi da soli, in piena autonomia e responsabilità.
Dalle indagini Istat emerge che il lavoro di cura, in crescita tra i padri, è più caratterizzato dal gioco che non dall'accudimento vero e proprio . Per questo serve un numero di giorni di congedo di paternità non solo in presenza della madre . Ed è in1portante anche il potenziamento dell'uso dell'altro tipo di congedi, quelli parentali, attraverso una maggiore copertura economica che ora arriva solo al30%, rendendo difficile per i padri fruirne per ché la perdita economica per la fa miglia sarebbe troppo grande . Ben vengano i 10 giorni di congedo di paternità a copertura totale, siano estesi a chi ancora nonne ha diritto. Attenzione, però . Non pensiamo che sia un grande avanzamento verso l'uguaglianza di genere. Per raggiungerla ci vogliono altri giorni di congedo di paternità in assenza della madre e una copertura economica maggiore dei congedi parentali.
Ci vuole un grande pi?llo di infrastrutture sociali come mai fatto nel nostro Paese, con il potenziamento dei servizi educativi di qualità per la prima infanzia, il rafforzamento del tempo pieno, la disponibilità di servizi socio assistenziali sul territorio per anziani e disabili mettendo al centro la persona, in un'ottica di welfare di prossimità, lo sviluppo della sanità territoriale e l'integrazione socio sanitario. Ci vuole un grande piano contro gli stereotipi di genere per un vero cambiamento culturale del Paese . Un investimento serio in formazione Stem e un rilancio dell'imprenditoria femminile. Ricordiamocelo ,non siamo più nella fase dei piccoli passi . L’Italia è un Paese dove la divisione dei ruoli nel la coppia continua a essere asimmetrica, più che negli altri Paesi avanzati. E dove il tasso dì occupazione femminile è tra gli ultimi. Situazione insostenibile socialmente ed economicamente.
Se vogliamo guardare al futuro, dobbiamo rompere la gabbia secolare delle discriminazioni di genere. E dobbiamo capire che è una priorità . Senza aspettare e sfruttando e integrando tutti i fondi a disposizione.
1* 'Direttora centrale Istat
pubblicato su La Stampa