Donne condannate
Kate Omoregbe, è una nigeriana di 34 anni, che vive in Italia da dieci anni, paese in cui è arrivata giovanissima scappando dal suo con un barcone ed approdando prima in Spagna e poi nel nostro paese dove svolge il lavoro di badante
Fuggita dalla Nigeria perché si è rifiutata di contrarre un matrimonio contro la sua volontà, un matrimonio combinato con un anziano amico di famiglia che già la picchiava e di cui ha subito le violenze, un uomo che non amava.
Ha avuto il torto di dire no ad uno sposo che non aveva scelto e ad alla religione islamica, che avrebbe dovuto abbracciare di conseguenza, essendo lei di fede cattolica.
In Nigeria non esiste libertà di scelta per le donne. Vige la legge per cui una donna che rifiuta un marito imposto dalla famiglia o un marito violento o comunque con il quale non vuole più convivere, viene condannata a morte tramite lapidazione.
Nel caso di Kate, tale sentenza, non essendo stata eseguita, è rimasta in sospeso ma sempre valida.
Kate, che nel tempo ha acquisito il permesso di soggiorno, è stata accusata di detenzione di droga ed arrestata; riconosciuta innocente è stata rilasciata in questi ultimi giorni.
Le nostre leggi prevedono, in questi casi, l’espulsione del cittadino straniero .
Sapendo cosa l’aspettava al suo ritorno in Nigeria, la donna ha richiesto l’asilo al Governo italiano.
La sua richiesta e la petizione che è stata fatta in suo favore, di oltre 12.000firme, è stata accolta nel nostro paese, salvo verificare che esistano realmente rischi effettivi per la sua vita.
La lapidazione è un pericolo quotidiano per molte donne che vivono nell’Islam. La pena è prevista anche in Afghanistan, Arabia Saudita, Yemen, Iran, Sudan, Pakistan, Emirati Arabi, Somalia. La lapidazione , diffusa fin dall’antichità, prevede la morte per i colpi inferti da un lancio di pietre; a questa barbara esecuzione partecipa la folla per condividerne l’ espiazione pubblica.
Nella lapidazione la condannata viene seppellita fino al petto per rendere impossibile la sua fuga.
Il caso di Kate non è che uno dei tanti che si sono verificati nel corso del tempo.
Altre esecuzioni sono state sospese grazie alla mobilitazione dell’opinione pubblica, dei governi e della pressione internazionale, che sono potuti intervenire per frenare le condanne.
Ricordiamo il caso di Safya Husseini, condannata per adulterio, sempre in Nigeria, la cui condanna venne cancellata, Hafsatu Abubakar, una ragazza madre di 17 o Sakineh Mohammadi Ashtiani, iraniana, colpevole di adulterio che divenne un caso internazionale molto complesso, di cui si ottenne in un primo momento la sospensione della lapidazione, tramutata in impiccagione fino a che gli accusatori non proclamarono la loro clemenza e rinunciarono a chiederne la condanna
Quante altre donne sono in attesa di giudizio? Quante soccombono per questa orribile ed incivile condanna?
Non sempre i casi diventano noti e permettono di sollevare l’interesse dell’opinione pubblica per far si che le condanne non vengano eseguite.
Ecco perché di queste tante altre non possiamo fare il nome, e di altre ancora è impossibile farlo perché probabilmente oggi non sono più di questo mondo.
L’Indro, 07,09,2011