DONNE ECOFEMMINISTE, IERI E OGGI

da | Mar 17, 2021 | L'opinione

di Laura Cima

L’ecofemminismo approda in Italia dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta e i disastri del nucleare e della chimica inquinante: richiama alla responsabilità verso le generazioni future e si coinvolge in un impegno politico per fermare uno sviluppo insostenibile e pericoloso. Nei decenni ha contribuito a incentivare comportamenti più rispettosi della natura, da quelli alimentari a quelli dell’antispecismo, secondo cui la specie umana non può disporre a piacimento della vita e della libertà delle altre specie. Queste pagine ne tratteggiano il cammino

A partire dall’Ottocento, elaborazioni femministe hanno mes-so in discussione il progetto di dominio della scienza e della tecnologia sulla natura. Il movimento si è fatto portavoce di una posizione che travalica la rivendicazione di uno statuto paritario di diritti e trascende anche l’affermazione della specificità femminile e dell’alternativa femminista alla cultura maschilista; supera i binomi parità/emancipazione, differenza/estraneità.

In Italia, il movimento ecofemminista inizia a Pescara nel 1986, a lato del primo convegno internazionale delle Liste Verdi: “La terra ci è data in prestito dai nostri figli”. Dei 15 forum sulle tematiche ambientali, neppure uno è dedicato alle donne, madri reali o simboliche di quei “figli”. Così un centinaio di giovani donne, convocate da Edvige Ricci, dà vita a un evento proprio, da cui deriva successivamente il Forum delle Donne.

Politica verde
A seguito dell’iniziativa di Alex Langer, pioniere del movimento ambientalista in Italia, l’esperienza di “liste verdi”, già in atto da un anno in 11 regioni, si allarga a livello nazionale nella Langer diventa parlamentare europeo, collabora con i Grünen (Verdi) tedeschi, già affermatisi da qualche anno grazie a Petra Kelly, e riesce a far rimettere il debito dei Paesi poveri verso quelli ricchi.

Il disastro radioattivo di Chernobyl innesca grandi mobilitazioni femministe contro l’irresponsabilità della scienza e della politica, e nel 1987 il Forum delle Donne decide di portare la proposta politica in Parlamento: nella lista dei “Verdi – Sole che ride” noi donne siamo elette al 50% e arriviamo in bicicletta. Rispetto al sistema dei partiti della prima repubblica, risultiamo subito innovative: liste che candidano il 50% di donne, anche capolista, alternate a cerniera con gli uomini, consulta delle associazioni ambientaliste, connessione stretta con il movimento femminista. Anche il gruppo di coordinamento del cosiddetto “arcipelago verde” include il 50% di donne e, un anno dopo, il direttivo alla Camera è di sole donne. Nel referendum contro le centrali nucleari siamo protagoniste; è nostro l’appello finale alla responsabilità delle donne e al senso del limite che scienza e politica devono imparare.

Donne nelle istituzioni e oltre
In Italia molte donne si sono spese nel movimento ambientalista e per rappresentare le istanze ecologiste nelle istituzioni; a partire dalle elezioni regionali della seconda metà degli anni Ottanta e, successivamente, in Parlamento e in molti enti locali, il femminismo fa il suo ingresso. L’associazionismo ambientalista e femminista partecipa anche al profondo cambiamento culturale e politico degli anni Novanta. Il movimento si era già diffuso in Italia negli anni Settanta, ma era già affermato altrove da oltre un decennio. All’interno del Movimento di liberazione delle donne, Françoise d’Eaubonne aveva creato il gruppo “Ecologia e femminismo” che dà origine al termine “ecofemminismo” e al relativo movimento.

Nel 1974, in Femminismo o morte, profetizza: «È urgente denunciare la condanna a morte […] dell’intero pianeta e della sua specie umana, se il femminismo, liberando la donna, non libera l’intera umanità, cioè non strappa il mondo dall’uomo di oggi per trasmetterlo all’umanità di domani […] il dramma ecologico deriva direttamente dall’origine del sistema patriarcale», con gli uomini che si appropriano dei corpi delle donne.

Il peso del patriarcato
Il patriarcato è l’organizzazione sociale in cui il padre/capofamiglia e, per estensione, tutti gli uomini sono depositari dell’autorità. Questa dominazione ha prodotto un insieme di dinamiche che ancora in parte modellano la nostra società: gli uomini diventano depositari del potere simbolico (elaborazione di concetti, scrittura di storia, arte) e riducono le donne alla funzione riproduttiva, subordinano la loro sessualità alla propria e accentuano la divisione sessuale del lavoro. Nel patriarcato le donne forniscono gratuitamente sesso, figli e lavoro di cura, mentre il pote-re politico ed economico è nelle mani degli uomini.

In Italia oggi i protagonisti sulla scena politica, spesso opinionisti invitati nei talk show, sono quasi tutti maschi. La legge e le istituzioni rafforzano questa divisione gerarchica, che religione, scienza e medicina legittimano. Il lin-guaggio in uso l’avalla e la rafforza, facendo del maschile un “neutro” che ingloba il femminile. Non di rado donne affermate vogliono che si usi il maschile per definire i loro ruoli perché pensano che il termine femminile ne smi-nuisca l’autorevolezza. Le ecofemministe affermano di non voler ricadere nella dicotomia donna-natura versus uomo-cultura; alla cultura del dominio rispondono con la cultura del rispetto verso tutte le forme viventi.

Ecofemministe in evoluzione
Alcune autrici italiane e internazionali evidenziano come l’ecofemminismo superi la discriminazione rivalutando, celebrando e difendendo tutto quello che la società patriarcale ha svalutato. Le metafore patriarcali di contrapposizione sviliscono il “femminile” associandolo a corporeità, emozioni e sapienza intuitiva, a cooperazione, istinto di cura e alla capacità simpatetica ed empatica, mentre celebrano il “maschile” associandolo a teoricità, razionalità, intelletto, competizione, dominio e apatia.
All’inizio, l’ecofemminismo comprendeva posizioni varie: liberali, marxiste, radicali e socialiste da una parte e, dall’altra, uno spiritualismo legato all’esaltazione del principio femminile in rapporto alla madre terra: una grande eterogeneità che era anche ricchezza delle differenze. Successivamente tale “controcultura” si è intrecciata con il pacifismo, il movimento antinucleare, la critica all’industrialismo inquinatore e alle politiche che aggrediscono l’ecosistema. Molti contributi di questa “controcultura” sono stati sviluppati da donne del Sud del mondo: Vandana Shiva, Arundathi Roy, Bina Agarwal in India; Wangari Maathai, Shanysa Khasiani ed Esther Njiro in Africa.

Uno sguardo al presente
I principi dell’ecofemminismo si sono diffusi da quando l’allarme per il surriscaldamento del pianeta è diventato rischio concreto, e molte donne hanno imparato a tenerne conto nei propri comportamenti quotidiani.
Che cos’è oggi l’ecofemminismo? Include i movimenti e le iniziative che riguardano la decostruzione delle relazioni di potere, di dominio, di colonialismo, lo collegano a coloro che criticano il modello di “sviluppo” e fanno della crisi ecologica, della pace e della nonviolenza un asse centrale. Su questo avviene il confronto, nel massimo rispetto delle differenze e delle cerchie che frequentiamo, ma con l’urgenza che l’Agenda 2030 impone: entro quell’anno i processi della crisi climatica saranno irreversibili. Ma l’ecofemminismo è anche altro: ispira e anima l’abolizionismo della prostituzione, il parto naturale e il contrasto a uteri artificiali o in affitto, per un ritorno agli antichi saperi delle proprietà di erbe e vegetali, delle pratiche di manutenzione di lagune, colline e boschi, e per pro-muovere comunità che praticano un’economia circolare e che sono capaci di non depredare gli ecosistemi.

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