Donne nelle miniere africane: tra lavoro precario e violenza sessuale

da | Ago 8, 2025 | Donne dal mondo

Sta diventando allarmante il fenomeno dello sfruttamento sessuale nelle zone di estrazione dell’oro a Kedougou, nel sud-est del Senegal, al confine con la Guinea. La denuncia è stata lanciata dalla governatrice della regione di Kedougou, Mariama Traore, descrivendo il fenomeno come “complesso” e aggravato dalle dinamiche migratorie e dall’insicurezza socioeconomica in questa regione di frontiera.

“Come governatrice, posso attestare la gravità di una realtà di cui siamo purtroppo ben consapevoli”, ha affermato condividendo i risultati di uno studio condotto sull’argomento, secondo l’agenzia di stampa Aps. Le zone di estrazione dell’oro, pur generando vitalità economica, sono anche focolai di vulnerabilità per donne, ragazze e bambini”, ha insistito la governatrice.

“Lo sfruttamento sessuale assume spesso forme invisibili, a volte banalizzate, che vanno dalla prostituzione di sopravvivenza al traffico di esseri umani a scopo sessuale”, ha deplorato. Fattori come l’abbandono scolastico, la disgregazione familiare, la precarietà, la mancanza di infrastrutture di base e la scarsa presenza di servizi governativi sono il terreno fertile per questo fenomeno.

Mariama Traore ha elogiato l’impegno di ricercatori, attori comunitari e partner – in particolare del Centro di Ricerca e Sensibilizzazione sulla Tratta di Esseri Umani (CenHtro) – coinvolti nella lotta contro la violenza di genere. Ha quindi chiesto un approccio integrato, basato su una maggiore presenza degli attori sul campo, sulla sensibilizzazione, sul sostegno ai meccanismi di protezione comunitaria e sulla repressione delle reti di tratta.

Il fenomeno non è circoscritto alle sole regioni minerarie del Senegal. La spinta globale verso le tecnologie per le energie rinnovabili ha fatto aumentare notevolmente la domanda dei cosiddetti minerali critici, aumentando il rischio di criminalità, corruzione e instabilità nelle catene di approvvigionamento. L’Africa subsahariana – in particolare l’Africa centrale e meridionale – è particolarmente colpita da questo boom minerario, poiché ospita il 30% dei minerali critici del mondo, secondo il Fondo Monetario Internazionale: cobalt (la cui estrazione globale avviene per tre quarti in Repubblica Democratica del Congo e viene quasi interamente esportata grezza in Cina), cromo, platino, manganese (di cui il Sudafrica è il principale produttore), rame, titanio, coltan, tantalio (soprattutto in Ruanda).

Oltre ad aggravare la violenza, la corruzione e il degrado ambientale, gruppi criminali , organizzati infiltrati nell’industria mineraria espongono le popolazioni vulnerabili allo sfruttamento, come ha denunciato l’Onu, evidenziando i crescenti rischi di sfruttamento sessuale, lavoro forzato e sfollamento. Più particolarmente, lo scorso anno, nel presentare un rapporto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani ha indicato che tra il 1° giugno 2023 e il 31 maggio 2024, l’85% delle violazioni e degli abusi commessi in Repubblica Democratica del Congo (Rdc) si è verificato nelle province orientali del Paese colpite da un conflitto per il controllo delle ricche risorse minerarie locali. Tra queste violazioni, solo nel periodo preso in esame, sono state identificate 700 nuove vittime di violenza sessuale.

Infatti l’estrazione artigianale (spesso per l’oro), che avviene per l’80% in modo informale, costituisce una risorsa significativa per le popolazioni povere e vulnerabili, impiegando circa 45 milioni di persone in 80 Paesi. Le donne rappresentano circa un terzo della forza lavoro mondiale nell’attività mineraria artigianale e su piccola scala.

Nel 2020, in Africa, si stimava che 490.000 donne ricoprissero un impiego minerario formale, mentre nel settore informale, la stragrande maggioranza dei lavoratori è costituita da donne, nonostante secondo il Rapporto 2023 del Forum Intergovernativo sull’Estrazione Mineraria, i Minerali, i Metalli e lo Sviluppo Sostenibile (Igf), “non esista una valutazione sistemica adeguata della partecipazione diretta delle donne alle attività minerarie”.

Sempre in Rdc, pochi mesi fa, l’Associazione delle giornaliste impegnate per la pace (Afjp) ha lanciato l’allarme sugli abusi sessuali subiti dalle donne che lavorano nei siti minerari artigianali di Kamituga, nel territorio di Mwenga, nella provincia del Sud Kivu. Queste donne, impiegate nell’approvvigionamento dei siti, nel trasporto dell’acqua, nella frantumazione, nel lavaggio e nella vagliatura dei minerali, ossia nei lavori meno retribuiti della filiera, subiscono pressioni da parte di alcuni proprietari delle miniere che pretendono rapporti sessuali in cambio di migliori condizioni di lavoro.

Secondo le testimonianze raccolte dall’Associazione, alcune donne sono state costrette a cedere a queste avances per evitare ritorsioni, come l’esclusione dai siti minerari o la confisca dei loro strumenti di lavoro. Altre sono state vittime di molestie sessuali o violenza fisica dopo aver rifiutato queste avances. Queste pratiche, sebbene note, rimangono in gran parte impunite a causa del timore di ritorsioni e della mancanza di meccanismi di protezione per le vittime.

 

Africa Rivista