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Thiago aveva 27 anni, un corpo né femminile, né maschile, una mente devastata dai cliché sociali di protagonismo e povertà psicologica e spirituale. Chi ha potuto leggere della sua morte è perché sapeva che era già una stellina sul web, una vero Tiktoker. Chissà se sapeva di essere solo, il mondo digitale lascia quello stampo di superficialità esistenziale e quel senso di vuoto generale all’individuo, per cui noi genitori o operatori clinici dobbiamo intervenire per proporre dei riferimenti reali e delle “presenze” effettive, non fittizie.
Faccio una premessa su come adesso viene gestita la malattia mentale.
Innanzitutto è una sofferenza profonda e, come tale, deve essere curata, supportata da medici, educatori, ma non per ultimi dai genitori. Infatti questi invece di guidare il disagio del loro figlio, lo seguono, pedissequamente. Non dico di non assecondare in forma assoluta la voglia di travestitismo del bambino o dell’adolescente, ma di tenere conto almeno che nasce comunque da un disagio psicologico e come tale deve essere trattato. Non è una conseguenza di un cambio di tendenza di moda.
Perché i maschietti si travestono da femmine e viceversa? Perché non stanno bene con loro stessi e vivono l’identificazione con i legami genitoriali in modo negativo. Non è “colpa” dei genitori, attenzione! E’ come il soggetto si è relazionato con loro, come ha vissuto ed interpretato i suoi legami. Lo stadio dell’Edipo non riesce a strutturarsi e così si cerca una propria identità sessuale nello specchiarsi con l’altro sesso ed emularlo.
E allora perché essere dei genitori quasi orgogliosi che il proprio figlio abbia un desiderio così complesso ma nello stesso tempo non considerare che potrebbe soffrire di disagio mentale profondo? Non è perché non si accetta l’omosessualità. La società da sempre ha creato il capro espiatorio, lo fa anche con chi ha un cambio di genere.
Ma questo è il punto. Chi ha questo “orientamento sessuale” sta veramente scegliendo e poi ad un’età così precoce? Perché non leggere questa inclinazione e ascoltare l’eventuale motivazione riflettendo su di un piano che comprenda la vera causa del paziente. Perché sono a tutti gli effetti dei pazienti che si trovano in un conflitto personale, in un contesto che li fa virare in un livello modaiolo, semplificato dei loro sentimenti e dei loro valori?
Mi sento di suggerire semplicemente più saggezza e di chiedere più vera vicinanza a chi ha questo tipo di personalità.
Thiago è morto per anoressia, un disagio alimentare che tutto il mondo riconosce come una sofferenza profonda. Forse aver avuto degli operatori clinici e una famiglia che lo lasciassero meno solo, avrebbe fatto sì che la sua vita poteva magari migliorare, avere più senso. Perché questo è il punto fondamentale, la società ancora lascia soli, abbandona chi veramente è in difficoltà, chi non ha strumenti per aiutarsi in modo autonomo, psicologicamente, ma anche globalmente.
Per chi si pone queste questioni, proporrei di avvicinarsi a chi ha un sintomo simile, in modo da ascoltarlo profondamente e di essere più cauti nel relegarlo ad un orientamento di un semplice “gusto” di abiti o di taglio di capelli alla moda.

