Rischia una condanna per truffa il funzionario pubblico che, in cambio di soldi, promette a un genitore di assumere i suoi figli. E’ inoltre tenuto a restituirgli il denaro, anche se frutto di un accordo illecito.
E’ quanto ha affermato la Corte di Cassazione che, con la sentenza 35352 di oggi, ha respinto il ricorso di un funzionario delle poste condannato per truffa aggravata. L’uomo si era fatto versare più di 15.000 euro ciascuno da due signori, dietro la falsa promessa di assumere le figlie. Il funzionario impugnava la sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma lo condannava a restituire la somma incassata, sosteneva infatti che l’accordo non era solo illecito ma “moralmente riprovevole”, ed era quindi contrario al buon costume, il che, ai sensi dell’art. 2035 del codice civile, escluderebbe la pretesa restitutoria. I giudici della seconda sezione penale hanno però smentito la sua tesi e hanno ricordato che “la ripetizione dell’indebito oggettivo, ossia della prestazione fornita in esecuzione di un reato, è esclusa solo nel caso in cui esso sia corrispettivo di una prestazione il cui scopo è contrario al buon costume”. La promessa di assunzione presso un ente in cambio di un corrispettivo economico, costituendo traffico di posti di lavoro, pur costituendo un indebito oggettivo è “restituibile alla parte offesa in quanto non contrario al buon costume, concetto che evoca, piú propriamente, le prestazioni contrarie alle regole della morale sessuale o della decenza”.