“La guerra contro le donne. Un’emergenza globale”

da | Ott 13, 2013 | Donne e violenza di genere

Donne in prima linea contro la violenza

Donne in prima linea contro la violenza
“Ho preso le storie di violenza e le ho messe una accanto all’altra”. Con lo stesso spirito di ricerca di Rebecca Solnit, la rivista Internazionale ha organizzato  l’incontro “La guerra contro le donne. Un’emergenza globale”, durante il Festival a Ferrara tenutosi il 4, 5 e 6 ottobre: una conferenza che ha unito, sul palco del Teatro Comunale, i racconti di quattro donne, giornaliste e scrittrici, che la violenza l’hanno conosciuta, anche sulla propria pelle. Testimonianze sofferte, moderate da Riccardo Iacona, giornalista Rai di Presa Diretta, che si occupa da sempre di inchieste ed autore del libro Se questi sono gli uomini, che racconta la strage delle donne in Italia.

Cristina Martini dal Blog Prosmedia.org

07.10.2013:Stati Uniti, India, Egitto e Congo, rappresentati da Rebecca Solnit, giornalista statunitense; Urvashi Butalia, scrittrice ed editrice indiana; Mona Eltahawy, giornalista ed attivista egiziana; Chouchou Namegabe, giornalista congolese a cui è stato assegnato quest’anno il premio Anna Politkovskaja, per il suo impegno nella difesa dei diritti umani e per l’attività di formazione per le donne congolesi che vogliono raccontare abusi e molestie sessuali.

Stati Uniti. Rebecca Solnitha scosso subito il pubblico con dei dati: “Ogni 9 secondi una donna viene picchiata ed una ogni 60 minuti subisce un abuso. La violenza è la causa di morte principale per le donne tra i 15 ed i 44 anni”. Non esistono casi isolati: è un’“epidemia”, che colpisce tutti in modo trasversale, ma che come tutte le malattie può essere curata educando gli uomini. Anche cambiare l’immagine della donna è importante: “Oggi è vista come merce, come oggetto; come qualcosa che, se non serve più, può essere eliminata, sterminata”.

India. “Nel 98% dei casi, la violenza sessuale è ad opera di persone che le donne conoscono, che fanno parte della cerchia di affetti: spesso sono familiari o amici”, spiega Urvashi Butalia. L’autrice di The other side of silence, libro che ha avuto un grande successo in India, riporta all’attenzione l’episodio di stupro di gruppo ed omicidio di una giovane studentessa avvenuto in un bus a New Delhi, per mano di quattro uomini che l’hanno picchiata e violentata con una spranga. “L’omicidio – racconta – ha portato l’India sulle prime pagine del mondo, per la brutalità dell’accaduto. Questo è servito anche a creare imbarazzo nel governo indiano che, ha preso subito dei provvedimenti in merito”. La battaglia contro la violenza in India dura da molti anni ma purtroppo non se ne parla. “Le donne sono esortate a non parlare, per non ricordare gli episodi violenti, ma questo le ferisce due volte. Occorre dare voce a queste storie ed essere disponibili ad ascoltarle. Usiamo l’arma della conoscenza!”.

RD del Congo. Di dare gli strumenti alle donne per poter descrivere gli abusi, si occupa Chouchou Namegabe, giornalista radiofonica impegnata soprattutto in Congo dove tiene anche dei corsi di giornalismo professionalizzanti. Ha fondato l’Associazione delle donne dei media del Sud Kivu che si occupa anche di informare del problema violenza attraverso trasmissioni radiofoniche, perché in Congo è questo il mezzo di comunicazione più usato. “Le violenze sulle donne in Congo sono perpetrate soprattutto dai gruppi armati, dai ribelli e dai militari, ma anche i civili ora pensano di sfuggire alle punizioni”. La guerra diventa un alibi e la donna un bottino di guerra, costretta a subire vere e proprie atrocità in pubblico, anche davanti ai propri figli.

Egitto.“In Egitto i civili sono usati dal potere contro le donne”: a parlare è Mona Eltahawy, giornalista ed attivista egiziana che nel 2012 è stata arrestata e detenuta per dodici ore, con l’accusa di essere una spia. Oltre alle fratture alla mano ed al braccio sinistro, ha subito anche una violenza sessuale. “La rivoluzione politica democratica deve essere accompagnata da una rivoluzione sociale che riveda il ruolo della donna, la sua libertà e la questione di genere. Il regime di Mubarak ha sdoganato la violenza sulle donne, ma la lotta contro la dittatura che ha unito uomini e donne ha segnato un profondo cambiamento contro l’atteggiamento sfavorevole verso le donne”.

È la cultura che va cambiata. Va cancellata l’“idea di vergogna”: non deve ricadere sulla donna, che non è responsabile dell’episodio violento, ma sul colpevole. Bisogna dar voce alle donne, creare spazi di ascolto, agire sulla pace, far applicare le leggi contro la violenza. È necessario trasformare i silenzi in urla, in battaglia politica. E queste quattro donne coraggiose lo stanno facendo.