“Orgoglio papà”. I padri 2.0 alla conquista del web

da | Giu 9, 2015 | L'opinione

Chiedono pannolini nei bagni maschili, postano foto coi pupi, discutono di ruttini e (a volte) criticano le mamme. I nuovi papà si aggirano armati di hashtag online in cerca di riconoscimento, di Costanza Rizzacasa d'Orsogna

Come se il pupo l’avesse sfornato il Padreterno. È la prevalenza del papà. L’I Ching, l’Alfa e l’Omega, nuova categoria di santità. È online, dove i babbi rivendicano uno spazio tutto loro. Come Daddit, community del social network Reddit, che ha il doppio di utenti di Mommit. Ma ci sono anche Nuevo Dads, How to Be a Dad, The Daddy Doctrines, Busy Dad Blog. E se la maggior parte sono innocue e anzi tenerissime, coi papà che postano le foto dei lattanti, che si disperano tra rigurgiti e ruttini, altre sono a porte chiuse: per ironizzare sulle mamme al riparo dalle critiche, denunciarne le mancanze, in una rivalità paradossale. Il New York Times ci ha fatto un’inchiestina e ha scoperto un mondo. Cerchiamo un posto dove non sentirci soli, per condividere il nostro fardello. Eroi. Così, mentre su BuzzFeed impazzano le gallery di sexy papà, la “fratellanza dei papà”, come la chiamano, va forte anche su Twitter, con 112 milioni di tweet dedicati nel 2014. Si mobilitano le star. Ashton Kutcher condanna la mancanza di fasciatoi nei bagni pubblici maschili? Infuria l’hashtag #pottyparity: parità del vasino. La letteratura fiorisce anche da noi. Come Il bambino indaco, storia di maternità malata da cui il film Hungry Hearts con la Rohrwacher. E pochi mesi fa Marco Franzoso ha pubblicato Gli invincibili, dove la madre se n’è andata.

Blogger? No, attivista. I gruppi di orgoglio paterno rifiutano l’etichetta di mammo, chiedono passeggini e marketing personalizzati. Come al Dad 2.0 Summit che si è tenuto a Houston, dove una multinazionale dell’igiene personale distribuiva campioncini di whisky. Nel 2012, una nota azienda di pannolini aveva lanciato un nuovo spot. Per dimostrare che i nostri resistono a tutto li abbiamo sottoposti al test più estremo: padri soli in casa, coi bebè, per cinque giorni. Apriti cielo. La raccolta firme promossa da un papà per chiedere all’azienda di rimuoverlo, ne ha scatenate migliaia. Ci fanno sentire incompetenti. Come se avessimo bisogno di un prodotto speciale per compensare la nostra inettitudine. Non hanno mai fatto caso, chiaramente, alle pubblicità del latte artificiale, che da sempre bollano le mamme inadeguate, sfruttandone la fragilità post-parto, facendo leva sui sensi di colpa. Incredibilmente, l’azienda ha ceduto. Modificando quello spot in uno papà-friendly. L’avessero mai fatto per le mamme, o sarà che noi di tempo per raccogliere le firme non ne abbiamo? Si battono perché il ruolo del papà sia rispettato – e poco importa che fino all’altroieri fossero loro a rifiutarlo. Fanno causa alle aziende per la disparità di trattamento sul congedo parentale. Così Time Warner ha modificato le politiche sul paternity leave, offrendo ai padri sei settimane pagate invece di due. C’è il National At-Home Dad Network, che ogni anno riunisce in Colorado papà a tempo pieno di tutta l’America per una due giorni di ricette e supporto psicologico. Addirittura, sempre più maschi soffrono di depressione post-parto. Disturbo vero, che secondo il sito PostpartumMen affligge ogni giorno negli States mille nuovi papà. Secondo altri sono 2.700: un papà su quattro. L’apoteosi è il dadbod. Il “corpo da papà”, nuovo ideale di bellezza maschile: pancetta, seno cadente e rotolini. Era ora che la società accettasse che il corpo di un uomo, quando ha figli, si trasforma, ironizzava al Daily Show l’attrice Kristen Schaal. Massì, rassicuriamo i poveri maschietti, tormentati, loro sì, da aspettative fisiche impossibili. Peccato che l’equivalente femminile mombod, che per conquistarlo non basta certo incollarsi alla tv e trangugiare Pringles, sia celebrato solo per quanto più in fretta una riesca a liberarsene. Il corpo di una mamma è tanto sexy che se posta sui social una foto mentre allatta, questa viene censurata. Perché diciamocelo, non staremo esagerando? I padri trascorreranno pure con i figli tre volte più tempo che nel 1965 (sette ore a settimana nel 2011, contro le 14 di mamma, che dedica poi 18 ore ai lavori di casa), ma le madri i bimbi li tengono in braccio dacché è nata la Terra, e però per loro non ci sono sexy fotogallery, figurarsi definirle eroiche. Così uno studio dell’Università del Massachusetts denuncia che il reddito di una donna diminuisce del 4% ad ogni figlio, mentre quello dei maschi cresce del 6%. I padri sono considerati dipendenti più capaci delle madri, hanno più chance di trovar lavoro. E se domandano un permesso per occuparsi dei bambini, questo viene concesso con ammirazione, mentre se a chiederlo è una donna è sistematicamente biasimata. Per fare il verso a tutto questo è nato Dad Magazine. Esilarante finto giornale per papà creato dal sito The Toast. La copertina di maggio è appena uscita, e recita così: La festa della mamma? Perché non la festa del papà? Ah, no: quella c’è già (tutti i giorni). Ancora: Di cosa parliamo quando parliamo di pidocchi, Dritte per ricordarti che classe fa tuo figlio, 10 insulti da urlare ai bambini le prossime vacanze di Natale, Guida alle pomate da mettere sotto il naso per non sentire le puzzette. In attesa che una delle decine di verissime nuove riviste per papà non titoli, Come attaccare il pupo al seno.

IODonna-Corriere della Sera, 8 giugno 2015