Eri mia figlia
di Paulette Ievoli
Libertà Edizioni
Pag.97
Euro 12,00
L’omosessualità di una figlia non è mai facile da accettare, può diventare motivo di delusione, tradimento delle proprie aspettative, fino a sconfinare nella negazione del problema. Negare facendo finta di non vedere serve a ben poco, perché il destino può presentare un costo altissimo. Il caro prezzo di assistere all’inferno della solitudine dell’autodistruzione della propria, tanto desiderata e amata eppure così poco compresa o voluta comprendere.
In questo breve ed intenso primo romanzo di Paulette Ievoli, quello che colpisce è soprattutto l’ uguale condivisione tra il dolore di una madre, che scopre il dramma esistenziale di una figlia omosessuale e il dolore di quella stessa figlia che non riesce a comunicarlo a colei che l’ha generata.
Una madre, nel romanzo, che forse annega ed oblia nell’ incomunicabilità la certezza della differenza sua di donna altra rispetto alla figlia, al suo percorso di normalità, di sessualità riconosciuta e riconoscibile. Perché l’omosessualità di un figlio, a prescindere dal genere, appare ancora e troppo spesso, come una vergogna, una cosa da negare, da combattere.
L’amore della protagonista di questa storia, verso un’altra donna, diventa materia di passione e dolore, senza via di soluzione.
Manca, alla protagonista e a sua madre, la capacità e la serenità di collocare quest’amore “irregolare” in un contesto simile ad ogni altro amore: esaltante, passionale, conflittuale e terribile, come ogni principio ed ogni fine.
Se solo la protagonista avesse la capacità di viverlo come tale, anziché annegarlo nei suoi sensi di colpa, non saremmo che davanti ad una lettura a tinte forti.
Invece l’autrice ci rimanda un senso di solitudine e disperazione, di dolore che si fa fisico che non prelude nessuno buon finale lasciando in chi lo legge solo amarezza.
Neanche le ultime parole d’affetto che la protagonista lascia scritte alla madre, danno al lettore la disponibilità a rasserenarsi, salvo, ovviamente, la speranza che questa storia, infine, sia solo frutto di un romanzo e non il romanzo di una realtà.