PREMESSA
Chi conosce un po’ la storia delle donne e dei suoi movimenti, non può dimenticare le battaglie da esse fatte contro la pratica clandestina dell’aborto e la richiesta di considerarlo un diritto riconosciuto anche dalle strutture sanitarie.
Proprio grazie a quelle lotte fu necessario indire un referendum popolare per chiedere ai cittadini di esprimersi a favore o contro tale pratica.
Il verdetto fu inoppugnabile e il si all’aborto dimostrò la maturità di tutto un popolo rispetto alla politica e ad una questione tanto delicata quanto sacrosanta. La maternità non più come un obbligo ma come una libera scelta della donna, pur conservando i limiti etici della questione.
Ma considerare l’ampio consenso di voto non vuol dire negare che anche allora esisteva una parte del Paese che non era d’accordo e che contrapponeva alla libera scelta della donna quella dell’ obiezione di coscienza.
L’intervento abortivo è stato regolamentato nel 1978 con la legge 194, che prevede l’interruzione volontaria della gravidanza per motivi di salute, sociali o familiari.
Ciononostante il dibattito su questo argomento non è mai cessato poiché va ad innestarsi sulla volontà di più soggetti come appunto gli obiettori, medici e strutture sanitarie.
Da un lato le donne e il loro diritto su questa difficile e complessa scelta, dall’altro una serie di interessi che ne vorrebbero minare la gratuità e alimentare un commercio di metodi alternativi. Non ultimi religioni, ideologie, tradizioni e culture.
Tutto ciò premesso, l’aborto non è mai stato considerato dalle donne, una scorciatoia per le conseguenze del sesso facile o una pratica di controllo delle nascite (come da sempre si è cercato d’insinuare).
Improponibile perciò, a distanza di decenni in cui si è parlato di progresso e di futuro, in questo millennio, si debba dibatterne come se si dovesse ricominciare tutto da capo.
L’ EPISODIO
Ecco perché l’episodio della recente contestazione messa in atto da parte di un gruppo di donne, definitesi femministe (ma chi rappresentavano?), contro la ministra Roccella alla presentazione del libro da lei scritto “Una famiglia radicale” (la sua) appare stantio. Stante che sulla famiglia più in generale ha tutto il diritto (oltre che la delega) di entrare nel merito, visto che è stata nominata ministra della Famiglie e della Natalità (nonché delle Pari opportunità).
Il testo ripercorre gli anni vissuti dall’autrice studentessa nella città di Bologna, dove s’immerge nella voglia di una nuova cultura in cui i giovani fanno la loro parte. Il clima, il fervore di quegli anni, le scelte che la giovane Roccella fa e che la portano ad incontrare i radicali di Marco Pannella, intellettuali raffinati, futura classe dirigente. E di lei, partecipe diretta delle pratiche del femminismo, fautrice dell’aborto libero, dei sit in di protesta ma anche capace di prendere delle distanze, di riflettere su di sé, di accettare i luoghi della democrazia come luoghi del confronto.
A distanza di decenni ritroviamo la stessa persona su posizioni assolutamente conservatrici che negano in parte quelle posizioni . Che la ministra Roccella abbia nel tempo modificato le sue idee non è una colpa ma un diritto e che la stessa, che allora appariva una rivoluzionaria di sinistra oggi si riconosca in un governo di destra anche e certamente non è e non sarà l’ultima in un percorso democratico di libero pensiero.
I luoghi e i modi della contestazione vanno ricercati dunque in maniera democratica. Continuando a combattere per raggiungere i traguardi prefissi.
Non è necessario condividere le nuove posizioni di Roccella ma guai al pensiero unico!
Avere tentato, in quella circostanza, di toglierle la parola è apparso provocatorio, inutile, immaturo. Una circostanza sbagliata.
CONCLUSIONE
Ricordando che la forza del dialogo portò le donne del “femminismo storico” a “confrontarsi per incontrarsi”, per trovare punti di congiunzione, mediazione e forme opportune per realizzarli, quest’ultimo episodio non ha dato un segnale di forza “femminista” quanto piuttosto un gesto di cui non se ne sentiva la mancanza, che ha offerto lo spazio per dare adito a strumentalizzazioni su fronti diversi: donne, media, politica.
Peccato, veramente peccato,