No alla revoca quando il reddito del giovane è inadeguato per la professionalità acquisita.
Spetta al genitore onerato del mantenimento, che è stanco di pagare, l’onere di dimostrare che il lavoro ottenuto nel frattempo dal figlio studente sia davvero commisurato alle capacità acquisite dal giovane. Solo la prova dell’indipendenza economica dei figli, infatti, fa venir meno l’obbligo del genitore di versare l’assegno al coniuge presso essi il quale vivono. Lo precisa la sentenza n. 1611 del 24 gennaio 2011 della prima sezione civile della Corte di cassazione.
Aver intrapreso un’attività lavorativa e percepire un piccolo compenso mentre si è ancora iscritti all’Università e si vive in casa col genitore affidatario non possono essere prova di indipendenza economica. Non solo. Non basta neanche aver iniziato un lavoro retribuito che dia la prospettiva di un’indipendenza economica.
Per poter escludere o diminuire l’assegno di mantenimento il genitore obbligato deve provare che il reddito percepito dal figlio sia corrispondente alla professionalità acquisita, in relazione alle normali condizioni di mercato, e sia tale da garantirgli la piena autonomia economica. A legittimare la revoca dell’assegno basterebbe inoltre la prova che il figlio pur potendo svolgere un’attività lavorativa adeguata se ne sottragga volontariamente. Ad ogni modo, ribadisce la Suprema corte, nel caso in cui venga provato l’inizio di un’attività lavorativa adeguata spetterà al giudice di merito verificarne o meno l’esiguità per poter diminuire o escludere il contributo di mantenimento.
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