Impossibile negare il risarcimento solo perché non sono provati gli indici di reddito dai quali presumere l’apporto al coniuge: basta che il defunto lavorasse e aiutasse a mantenere la famiglia – Ordinanza del 6 dicembre
Il «notorio» e la «comune esperienza» pesano sul risarcimento del danno patrimoniale al coniuge superstite se il de cuius è morto per un fatto illecito altrui, ad esempio una malattia contratta per cause di servizio. È infatti escluso che si possa negare il ristoro sul rilievo che non sarebbero provati gli indici reddituali sui quali rapportare in via presuntiva l’apporto del defunto al ménage: risulta invece sufficiente che la vittima della tecnopatia contribuisse al mantenimento della famiglia con i frutti del suo lavoro a far scattare una liquidazione equitativa a carattere satisfattivo. E nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito è implicitamente inclusa la richiesta degli interessi compensativi e del danno da svalutazione monetaria: si tratta di componenti indispensabili del ristoro. È quanto emerge dall’ordinanza 31549/18, pubblicata il 6 dicembre dalla terza sezione civile della Cassazione.