I nuovi motivi d’impugnazione e la «rozzezza» dell’immigrato non riducono la pena per le violenze sulle moglie

da | Mag 8, 2014 | Anno 2014

Confermati i sei anni di carcere al senegalese: introdurre argomentazioni non riferite a quelle già sviluppate allunga i tempi del processo, mentre la gravità della condotta non conosce scusanti “culturali” – Sentenza del 5 maggio 2014

 

Principio analogo espresso da altre sentenze Consulta massima e sentenza relative all'articolo No allo sconto di pena fino al massimo consentito all’immigrato senegalese che picchia e violenta la moglie italiana, nonostante la sua rozzezza culturale e i nuovi motivi di impugnazione proposti dalla difesa, dichiarati inammissibili: è infatti ineccepibile la valutazione della Corte di appello che riduce sì il carcere inflitto all’extracomunitario, ma non nella misura auspicata dalla difesa, e ciò in considerazione della gravità della condotta; quanto ai nuovi motivi, vale il limite del riferimento a quelli principale, dei quali i più recenti devono comunque costituire un ulteriore sviluppo, altrimenti si finisce per allungare in modo inammissibile i tempi del processo. È quanto emerge dalla sentenza 18293/14, pubblicata il 5 maggio dalla terza sezione penale della Cassazione.

Confermati i sei anni di carcere inflitti all’immigrato contro i sette stabiliti in primo grado: le attenuanti generiche non possono essere concesse nella loro massima estensione perché sono preponderanti gli elementi negativi a carico dell’imputato, oggi condannato per violenza sessuale a carico della moglie oltre che per maltrattamenti e lesioni personali; inutile invocare asserite discriminazioni razziali o l’arretratezza culturale del senegalese né può giovargli la linearità della condotta processuale: i fatti sono giudicati troppo gravi e la motivazione della Corte territoriale risulta in questo senso esaustiva, specie se si considera che il reo ha precedenti penali.