Il 2011 in rosa

da | Gen 15, 2012 | Editoriali

Il 2011 in rosa

Guardiamo all’anno appena trascorso da una prospettiva femminile, e troviamo ben poco da festeggiare
Ad ogni fine anno si ripetono le classifiche di chi ha rappresentato il meglio o il peggio dell’anno, per ciò che hanno fatto o fatto male, un segnale a quella massa di persone che sono stati spettatori anzichè protagonisti della Storia, arrivata ad un altro giro di boa.

Ritualità mediatiche? Forse. Bisogni collettivi di curiosare oltre il proprio orticello? Di sicuro. Un modo per esorcizzare il male passato e sperare in un futuro migliore? Probabilmente è questa la vera motivazione.

Comunque se qualcuno fa un giro nel web per cercare le classifiche che riguardano l’universo femminile è destinato a rimanere deluso perché troverà ancora una volta la conferma di un immaginario collettivo, vuoto e stereotipato, che da sempre perseguita il nostro sesso.

​Tra le tante alterantive si distingono: Le 10 donne meno desiderabili nel 2011; Scopri le più sexy e talentuose degli ultimi 12 mesi; Le donne più belle del mondo secondo ‘People‘; Le donne più sexy secondo ‘Victoria’s Secret’; la classifica delle donne più belle della tv; le donne più eleganti; le spose da favola; le attrici più amate e via di questo passo E le altre? Possibile che non ci siano altre e più gratificanti classifiche per il resto delle rappresentanti del genere femminile?

Ci sono in realtà, purtroppo, gli elenchi, fin troppo lunghi, delle donne ammazzate, abusate, maltrattate. E le cattive notizie, perché le ‘cattive ragazze’ fumano troppo malgrado le continue raccomandazioni, le scritte sui pacchetti di sigarette, la sigaretta rimane uno dei vizi più diffusi, specie tra le donne. Al momento in Italia si contano 5,3 milioni di fumatrici. Un dato altissimo come lo è anche quello dei nuovi casi di tumore al polmone femminile, 9.500. Il fumo, considerato antidoto contro ansia, stress, nervosismo colpisce sempre di più e questo spiega perché le donne ne siano le maggiori fruitrici.

Però tanto cattive non sono se, secondo l’Istat olttre il 37% abbandona l’attività quando deve seguire la prole; su dieci donne almeno 4 interrompono il lavoro per prendersi cura dei figli. Perché per la donna lavoro e figli sono quasi incompatibili e non c’era bisogno di questi dati per sapere che anche nel 2012, il rapporto è quasi conflittuale. Lo ha denunciato il movimento ‘Se non ora quando’, sceso in piazza più volte in quest’anno denunciando che sono le donne il welfare della società, in quanto si occupano bambini e dei malati.

Inoltre il lavoro scarseggia, anche se dall’Osservatorio sull’imprenditoria femminile, curato dall’Ufficio studi di Confartigianato, viene un segnale positivo che indica un consistente numero di donne che con il loro impegno ci hanno fatto guadagnare il record europeo del maggior numero di aziende ‘rosa’. Questo primato che ha contato nel 2011 1.531.200 imprenditrici e lavoratrici autonome, è il numero più alto in Europa, davanti anche alla Germania con le sue 1.383.500 imprenditrici.

Per consolarci non facciamo che ripeterci che ci sono anche tre signore al governo che fanno i Ministri di tre importanti dicasteri, che mai prima erano stati affidati a donnee che hanno sostituito quelle più belle e meno brave del governo Berlusconi.

Che altro possiamo dire? Che le lavoratrici della Omsa, dopo mesi di dura lotta hanno perso il lavoro. Non fa notizia? Allora non resta che guardare oltre i confini.

Sono tre donne le vincitrici del Premio Nobel per la Pace, edizione 2011. Sono state premiate la presidente della Liberia Ellen Johnson-Sirleaf, la sua connazionale Leymah Gbowee e l’attivista yemenita Tawakkul Karman. Tre simboli di Pace e della ‘volontà di agire’ delle donne per costruire una pace effettiva e duratura nel tempo. Una notizia che certo ci ha riempito di gioia e di orgoglio, ma è ancora troppo poco.

Poco ad esempio per le donne somale, di ogni età, raccolte in campi profughi, vittime di carestia e prede di guerra, sottoposte alle violenze fatte norma di vita. Poco ancora per le donne afghanistane che hanno lottato per la loro libertà e che, nonostante oggi, a dieci anni dalla caduta dei talebani, vanno a scuola, siedono in Parlamento, guidano taxi, sanno che la loro è una libertà a rischio e subiscono ogni giorno la mancanza di diritti, i matrimoni forzati (per le bambine sotto i 16 anni) e la reclusione familiare.

Questo è stato pure l’anno delle rivolte in Egitto, Tunisia , Libia e Iran ma “Si potrà parlare di Primavera araba quando le donne non saranno discriminate”, ha affermato l’avvocatessa iraniana e premio Nobel per la pace Ebadi; la sua opinione in proposito è chiara: "Sono contraria all’uso della parola ‘primavera’ perché rovesciare un dittatore non esclude che il suo posto non verrà preso da un altro. E quando parliamo di democrazia non possiamo chiudere gli occhi su quella metà della popolazione, ossia le donne, che continua a essere oppressa. Si potrà parlare davvero di ‘primavera’ solo quando le donne arabe non subiranno più discriminazioni".

E che dire delle giovani donne siriane, che scendono nelle piazze insieme agli uomini, in un paese al limite del colpo di stato in cui regna la Regina Asma: su di lei il mondo femminile aveva contato come portatrice di una ventata riformatrice. Ora la vede rimanere in silenzio, al fianco del marito che ordina le stragi nelle strade.

C’è forse spiù peranza in un altro continente? La liberazione della birmana Aung San Suu Kyi dopo 15 anni di prigionia, e la sua decisione di rimettersi in politica, ha suscitato molte speranze specie dopo il suo recente incontro con il segretario di stato Americano Hillary Clinton. Forse perché tra una piccola donna, che nel 91 fu insignita Nobel della Pace, ed un’altra che, salita agli onori della cronaca più per le tristi vicende dei tradimenti familiari che per le sue indubbie doti, potrebbero svilupparsi accordi interessanti. In un’intervista, la giornalista Tina Brown ha infatti affermato che la Clinton “più di ogni altro segretario di Stato, ha legato la soluzione dei problemi globali all’affermazione delle donne nel mondo. E’ stata il primo capo della diplomazia americana a definire un programma strategico per il Dipartimento di Stato proiettato ai successivi 4 anni; L’aspetto decisivo di questo piano è che donne e ragazze sono menzionate nel 133 volte in 220 pagine.”

Qualcuno ha paventato l’ipotesi che la mogli di Bill diventi vice presidente a fianco di Obama, nonostante abbia più volte sostenuto di volersi invece ritirare: accettare questo incarico potrebbe piuttosto aprirle definitivamente la porta per l’elezione alla casa Bianca nel 2016.

Sempre nel 2011, la carica delle donne latino americane. La presidente del Brasile Dilma Russell e dell’Argentina, Cristina Kirchner, per la cui sorte, legata ad un cancro appena annunciato, fa già battere il cuore degli argentini già provati dalla perdita dell’amata Evita Peron. In Europa c’è la temutissima e ‘tostissima’ cancelliera Angela Merkel. E da noi? Oltre alle tre donne ministro, anche una dura segretaria della CGIL Susanna Camusso, l’energica segretaria della Confindustria Emma Marcegaglia oltre a un movimento di donne in grande fermento.

Un 2011 pieno di tumulti, d’idee che non si possono fermare, con pochi fatti per l’oggi e poche speranze per il domani. Ogni donna respira aria di recessione, di fatica, di un’economia familiare sempre più difficile da contenere e gestire, la continuità di mancanza di servizi alla famiglia, di lavoro, e chi dal lavoro vede sempre più lontano momento della pensione.
Il mondo femminile in Italia si appresta ad entrare nel 2012, senza particolari motivi di gioia e serenità. Per il brindisi si dovrà attendere ancora…

l’Indro.it, 3 gennaio 2012