Il 1º Maggio del 2013 il sito Equality Italia lanciava una campagna dal titolo “Nel cognome della Madre”, riportando la frase del Presidente della Corte costituzionale Franco Gallo “L’attuale disciplina che prevede l’attribuzione al figlio del solo cognome paterno costituisce il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia” e reclamando una proposta di legge che modificasse la legislazione italiana.
Benché il richiamo alla cosiddetta “libertà di scelta” per i cognomi fosse già nel banner esplicito e indicasse pertanto l’orientamento per una proposta diversa da quella che avrei lanciata di lì a poco e della quale scrivo quasi da secoli, accoglievo con un certo sollievo la campagna, utile a smuovere le acque stagnanti dentro cui affoga regolarmente il problema, sollevato nel Parlamento italiano già nell’ottobre del 1979 dall’on. Maria Magnani Noya, socialista.
Una sorpresa è stata però il constatare che la proposta che sarebbe stata poi depositata da Equality Italia fosse esattamente quella presentata alla Camera col n. 1699 da Laura Garavini nel 2008, ovvero nella scorsa legislatura, e che in data 14 Maggio, stando al sito di Equality, l’onorevole Garavini avrebbe deciso di riadottare la SUA proposta… già presentata però da lei il 30 Marzo – ovvero due giorni prima che Equality Italia lanciasse la campagna (1º Maggio) – come si evince dal sito della Camera, dal quale a tutt’oggi il testo non è disponibile benché lo sia su quello di Equality Italia.
Misteri della diplomazia parlamentare, dell’informatica o di entrambe le cose?
A meno che non ci sia dato di scoprire in prosieguo che tra la 360 pubblicata da Equality Italia e la 360 del testo sul sito della Camera – che leggeremo quando sarà divenuto disponibile – si siano verificate differenze, non ci resta che prendere atto delle particolari modalità intervenute.
Il disinganno maggiore però è un altro. Sta nella facilità con cui a distanza di anni si riciclano proposte precedenti (lo hanno già fatto altri parlamentari per alcune proposte della XV legislatura ripresentate nella XVI) senza nemmeno sottoporre la 360 a una revisione che esuli dalla semplice cancellazione del vecchio Art. 3 relativo alla soppressione dei termini “figlio legittimo” e “figlio naturale” (resa non più necessaria dall’entrata in vigore della Legge 10.12.2012 n° 219). Senza accorgersi non solo che la proposta del 2008 appare oggi terribilmente datata per l’esistenza di UNA NUOVA COSCIENZA FEMMINILE che NON ACCETTA di mimetizzare la propria capitolazione sotto il fallace manto di una “scelta”, che altro non è se non un’autorizzazione a sopprimere, ma soprattutto senza accorgersi di un fatto molto più grave.
Con l’eccezione della proposta Bindi della precedente legislatura, pur incompleta rispetto ad alcune necessità, TUTTE LE PROPOSTE che prevedono la cosiddetta “LIBERTÀ DI SCELTA” stanno operando una PERICOLOSA FORZATURA DELLA LEGGE ITALIANA, che, sia pure in maniera distorta in quanto amputante di una delle identità familiari del figlio – che per natura sono SEMPRE due – ha conferito al figlio il diritto di acquisto del cognome e MAI A UN QUALCHE GENITORE il diritto di trasmissione. Nemmeno al padre (ved. Sentenza n. del Tribunale civile di Palermo, anno1982) per quanto a parecchie persone questo sfugga.
La proposta Garavini invece SPOSTA il diritto al cognome dal figlio ai genitori, visto che saranno loro a dover decidere se dargliene uno oppure due, autorizzando con ciò la stessa soppressione di una delle identità del figlio che la riforma dovrebbe invece eliminare e rendendo tale soppressione accettabile solo in virtù di un POTERE GENITORIALE fin qui assente dal nostro codice civile. Il potere dei genitori di decidere dei figli, non per un interesse dei soggetti di diritto ma per una idiosincrasia propria (ma che tragedia un doppio cognome, di qualche sillaba più lungo rispetto a uno solo!), che dal buio e già superato Medioevo ritorna con nuovi panni sino a noi.