Il coniuge che ristruttura l’immobile comune può ripetere dall’altro solo le spese fatte dopo la separazione

da | Ott 5, 2018 | Anno 2018

È irrilevante che l’appartamento sia stato acquistato con denaro di uno solo perché in costanza di matrimonio si presume l’esistenza di una donazione indiretta – Ordinanza, 4 ottobre 2018

ile comune può ripetere dall'altro solo le spese sostenute dopo la separazione. È irrilevante, inoltre, che l'appartamento in questione sia stato acquistato con denaro di uno solo perché in costanza di matrimonio si presume l'esistenza di una donazione indiretta.

Lo ha ricordato la terza sezione civile della Cassazione con l'ordinanza 24160/18 del 4 ottobre che ha accolto il ricorso di una donna nei confronti del marito.

Dopo la separazione personale della coppia l'uomo aveva chiesto al giudice di riconoscergli la proprietà esclusiva di un appartamento acquistato in regime di separazione dei beni e fiduciariamente intestato per metà anche alla moglie.

Esponeva che l'immobile era stato interamente pagato da lui e cointestato in un momento in cui i rapporti coniugali erano ancora positivi. Nello stesso bene e in altri aveva anche pagato per intero le spese di ristrutturazione delle quali chiedeva ora il rimborso per la metà.

La donna, dal canto suo, ha chiesto invece di poter riscuotere la metà dei canoni di locazione incassati dal marito sugli stesi beni.

Il tribunale ha accolto solo la domanda della donna ma la Corte d'appello ha riformato la decisione condannando la moglie a restituire al marito una somma a titolo di indebito arricchimento pari alla metà delle spese sostenute per sistemare l'alloggio escludendo che l'intestazione fosse qualificabile come liberalità d'uso.

Di qui il ricorso in Cassazione da parte della donna secondo la quale l'intestazione a suo nome degli appartamenti da parte del marito doveva essere considerata una donazione indiretta e non un'intestazione fiduciaria.

Il marito, inoltre, durante il matrimonio si era sobbarcato di sua iniziativa le spese di rifacimento degli immobili senza consultarla e quindi ne doveva sopportare da solo il carico.

La Suprema corte, nell'accogliere il ricorso della donna, ha affermato che il conferimento in denaro effettuato da un coniuge, attraverso il quale l'altro coniuge acquista un immobile è riconducibile nell'ambito della donazione indiretta. L'operazione persegue un fine di liberalità ed è soggetta ai soli obblighi di forma previsti per il negozio attraverso il quale si realizza l'atto che è revocabile solo per ingratitudine.

Ne consegue pertanto che il denaro fornito dal marito per acquistare l'alloggio intestandolo anche alla moglie rientra nell'ambito della donazione indiretta ed esprime una finalità di liberalità.

Resta quindi da esaminare e risolvere, ha proseguito la Cassazione, la residua questione se il coniuge comproprietario che sostiene per intero spese di finitura o relative a migliorie all'interno dell'immobile cointestato, possa ripetere dall'altro coniuge la metà di quanto ha pagato e a quali condizioni.

Ebbene, hanno spiegato i giudici, le considerazioni sopra svolte circa il fine di liberalità e la riconducibilità alla donazione indiretta dell'attività svolta da un coniuge per far acquistare all'altro la proprietà di un immobile, valgono a fortiori in riferimento ai conferimenti patrimoniali eseguiti spontaneamente dal coniuge in costanza di matrimonio e volti a finanziare lavori nell'immobile che ha fatto acquistare in regime di comproprietà. La donazione indiretta, in quanto tale, gode di stabilità e può essere revocata solo per ingratitudine.

Deve però rilevarsi, ha concluso la Cassazione, che analoga finalità di liberalità in favore del coniuge non può automaticamente attribuirsi ai pagamenti fatti o alle spese sostenute per l'immobile in comproprietà anche dopo la separazione: spetterà quindi al giudice del merito distinguere i pagamenti effettuati e le spese sostenute in costanza di matrimonio e prima che sia intervenuta la separazione personale delle parti e quelli effettuati dal marito successivamente.

Di qui il rinvio alla Corte d'appello per un nuovo esame sul punto.