La transazione non impedisce di testimoniare nel giudizio per i mancati versamenti previdenziali.
Il lavoratore firma il verbale di conciliazione e non ha più nulla a pretendere dal datore. Ma può deporre come testimone nella causa che oppone il datore all’istituto previdenziale che pretende il versamento dei contributi mai pagati. L’incapacità a deporre va esclusa proprio per l’intervenuta composizione della lite che esclude in capo al lavoratore un interesse attuale e concreto rispetto al giudizio di opposizione promosso dal datore. Lo precisa la sentenza n. 3051 dell’8 febbraio 2011 emessa dalla sezione lavoro della Cassazione.
Va considerato superato dalla giurisprudenza più recente l’orientamento secondo cui nelle controversie datore-Inps il lavoratore sarebbe a priori incapace a testimoniare, risultando al più possibile il libero interrogatorio da parte del giudice. Sottoscrivendo il verbale di conciliazione il lavoratore si preclude ogni possibilità di ottenere il riconoscimento della maggior durata del rapporto di lavoro: egli non ha dunque interesse nel giudizio sui mancati versamenti previdenziali e può ben testimoniare.
La norma contenuta nell’articolo 246 Cpc pone il principio dell’incompatibilità delle posizioni di teste e parte nel giudizio: nell’ordinamento giuridico, tuttavia, non esiste un generale divieto di testimonianza e bisogna allora verificare di volta in volta il diritto che sta alla base della controversia. L’esclusione dell’incapacità a testimoniare, d’altronde, non esime certo il giudice dal valutare l’attendibilità del teste.
Non resta che pagare, nella specie, al medico destinatario degli accertamenti dell’Inps e della direzione provinciale del lavoro per la mancata denuncia della lavoratrice, che gli faceva da collaboratrice domestica oltre che da assistente nello studio professionale. Le dichiarazioni della colf risultano valutate con attenzione e, soprattutto, riscontrate da altri testi