Non va ipotizzata una inadeguatezza se non emergono elementi concreti per accertare l’effettivo danno o il pericolo per il minore – Sentenza del 10 giugno 2014
Non è automatica l'esclusione dall'affidamento del genitore con disturbi psichiatrici.
Insomma, non va ipotizzata un'inadeguatezza solo perché il soggetto è marchiato come “malato” se non emergono elementi concreti per accertare l’effettivo danno o il pericolo per il minore e che danno vita a profili di inidoneità genitoriale. Lo ha sancito il Tribunale di Milano che, con la sentenza 9836/2013, ha confermato il collocamento del minore presso la madre che ha un disturbo psichiatrico ed è sottoposta al trattamento terapeutico, teso a inibire le manifestazioni maniacali, tipiche del disturbo bipolare.
Per il Giudice milanese la donna può non essere esclusa automaticamente dall'affidamento del bambino visto che non sono emersi elementi concreti per accertare l’effettivo danno o il pericolo per il minore, che danno vita a profili di inidoneità genitoriale. Insomma, non va ipotizzata un'inadeguatezza del genitore solo perché “malato”: il fatto che un paziente sia malato a causa di un disturbo psichiatrico non è elemento sufficiente per escluderlo dalla responsabilità genitoriale. In realtà, spiega la Corte di merito, che il malato psichiatrico accusa le conseguenze negative che derivano dallo stigma ovvero l’insieme di pregiudizi sociali e preconcetti che circondano la malattia mentale, specie nei rapporti interpersonali e relazionali, e creano una sorta di “marchio” invisibile attorno al paziente, visto, sovente e senza ragione, come socialmente pericoloso, aggressivo o non curabile. Il termine stigma, insomma, tende a indicare un’etichetta negativa attribuita indistintamente a un malato psichiatrico, una discriminazione basata sul pregiudizio nei suoi confronti. Le convinzioni alla base dello stigma non riconoscono che persone sofferenti di disturbi mentali, se adeguatamente curate, possono recuperare capacità intellettive e razionali compatibili con una vita sociale attiva e produttiva: esse, purtroppo, sono anche alla base di gravi effetti “indiretti” sulla vita stessa del paziente. Infatti, il malato, in fuga dalla propria condizione per timore dello stigma, non riesce a migliorare e si isola, peggiorando il proprio stato di esclusione e rafforzando il pregiudizio stesso. Lo stigma tende a creare un impoverimento dei rapporti personali del malato e, soprattutto, la sua alienazione dal contesto sociale, cosicché i danni alla persona derivano non dalla patologia ma, paradossalmente, dal modo in cui la società la ripudia, la stigmatizza. Da ciò consegue che la misura dell’affidamento dei minori – se giustificata per la sola patologia del genitore – costituirebbe non espressione dell’art. 155 Cc, bensì applicazione mera dello “stigma”.