Il femminicidio è reato politico

da | Set 12, 2016 | Donne e violenza di genere

Importanza dell’uso corretto del termine femminicidio: non tutte le uccisioni di donne sono femminicidi, di oè hanno a che fare con il sessismo, di Rosanna Marcodoppido

Nei tempi di pausa, che a volte per fortuna accadono, è possibile che tornino alla mente rovelli che attendono di essere affrontati e risolti. Alcuni di essi dentro di me hanno a che fare con la lingua parlata e scritta e con le sue pigrizie di fronte al mutare delle coscienze. Nominare correttamente la realtà, contrastando il sessismo che ancora pervade il linguaggio, è responsabilità ineludibile di chiunque voglia affermare dignità e libertà per le donne.

Prendiamo la parola omicidio, essa rimanda espressamente all’uccisione di un uomo, per questo noi dell’Udi abbiamo tra le prime in Italia, oltre dieci anni fa, scelto la parola femminicidio, mutuata dal termine spagnolo feminicidio, usato dalle donne messicane per indicare uccisioni di donne per mano di uomini. Ci furono allora molte resistenze, ma oggi “femminicidio” è entrato a pieno nel linguaggio di tutte/i e si configura così come noi lo abbiamo definito: un reato iscrivibile in quel rapporto asimmetrico tra i generi nato millenni fa col sistema patriarcale e presente purtroppo ancora oggi, in modo più o meno palese, nelle pieghe della cultura e delle consuetudini tanto che è esso stesso, il sistema patriarcale, da considerarsi una forma potente e persistente di femminicidio. È importante tenere a mente tutto questo ogni volta che siamo di fronte alla tragica conta delle donne uccise, poiché non tutte le uccisioni di donne sono femminicidi.

Resta dunque il problema, per evitare confusioni, di come si possa chiamare l’eliminazione violenta di una donna che non abbia a che fare direttamente con il sessismo degli uomini. Mi interrogo da tempo su questo e provo in modo sintetico a esporre il mio ragionamento: se sopprimere un uomo prende il nome di omicidio (dalla parola uomo), sopprimere una donna dovrebbe specularmente chiamarsi donnicidio (dalla parola donna). Quando però l’uccisione di una donna ha come movente il potere patriarcale e il suo simbolico, allora donnicidio – pure suggerito in passato da alcune – non è più un significante corretto perché il delitto in questo caso trova come sua unica motivazione una forma specifica di dominio all’interno di un rapporto antidemocratico e anticostituzionale, dunque perseguibile e affrontabile politicamente oltre che giuridicamente. In questi casi perciò è più appropriato usare il termine femminicidio. Continua a convincermi molto questa parola perché rimanda al dato di natura – la femmina della specie umana – quel dato che, svalutato e inferiorizzato, è stato il punto di partenza maschile e suo pretesto per giustificare il dominio, le discriminazioni, e la violenza sulle donne. Il donnicidio è perciò, secondo me, il nome da dare ad un reato comune – come ad esempio è il caso di chi sopprime una donna per poterla derubare o perché testimone scomoda – mentre il femminicidio si configura a mio avviso come vero e proprio reato politico in quanto delitto che mina alla radice il senso profondo delle regole democratiche. Una comunità autenticamente democratica, fondata cioè sulla dignità e libertà di tutti e tutte, dovrebbe avere come uno dei suoi valori fondanti la libertà femminile. Non è ancora così da noi e in genere in tutta quella parte di mondo che si dice democratica, poiché le forme che hanno assunto in occidente le democrazie hanno radici profonde nel patriarcato e non sono bastati tanti anni di lotte delle donne per neutralizzarle completamente. Da troppo tempo, inascoltate, noi donne diciamo che solo se queste radici vengono conosciute e combattute con le armi della cultura e della politica si potranno comprendere e decodificare nella loro verità i troppi episodi di violenza maschile sulle donne al fine di estirparli una volta per tutte.

Non si tratta solo, e già sarebbe molto, di assicurare alla giustizia i colpevoli e di essere concretamente al fianco delle testimoni/vittime, ma di fare una efficace prevenzione a più livelli riconoscendo la pericolosità del modello maschile tradizionale e contrastando in ogni modo tutto quello che ancora resta del patriarcato nelle relazioni, nel linguaggio, nei libri di testo, nei messaggi pubblicitari, nella formazione, nel mondo del lavoro e in tutte quelle leggi tese a ribadire una inferiorità femminile che i fatti stanno da oltre due secoli contraddicendo clamorosamente. Si tratta, appunto, di POLITICA.

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