Assume carattere prevalente il rifiuto del presunto genitore di sottoporsi all'esame del Dna
Non basta affermare di aver avuto una frequentazione amorosa senza rapporti sessuali per scampare alla dichiarazione di paternità, specie se il presunto padre si era rifiutato di eseguire l'esame ematologico e anche se la madre, all'epoca del concepimento, frequentava molti uomini. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 24361 del 29 ottobre 2013, ha respinto il ricorso di un presunto padre contro la decisione della Corte d'appello di Ancona che ha confermato la paternità naturale.
Il fatto
La prima sezione civile, in linea con la Corte marchigiana, ha osservato che ai fini dell'accertamento della paternità naturale può essere utilizzato ogni mezzo di prova (art. 269 Cc), circostanza da cui correlativamente discende che il giudice del merito può correttamente basare il proprio giudizio in ordine alla fondatezza della richiesta avente a oggetto l'effettiva esistenza di un rapporto di filiazione, anche su risultanze di valore probatorio soltanto indiziario. Per Piazza Cavour è ingiustificato il rifiuto dell'uomo di sottoporsi all'esame del Dna e, unito all'ammissione di avere avuto solo una “frequentazione amorosa” (anche se, a suo avviso, senza rapporti sessuali) con la madre, avvalora l'erroneità della linea difensiva e conferma la paternità. Ma non solo. È irrilevante anche il fatto che il ricorrente sostenga che la donna, all'epoca del concepimento, frequentasse anche “altri”. Pertanto, il ricorso è stato respinto.