Poco importa se il padre è disoccupato o risulti contumace in sede di giudizio. Deve comunque corrispondere il contributo alla prole – 17 giugno 2015
Non conta il reddito effettivo del padre, per stabilire la cifra da corrispondere mensilmente per il mantenimento del figlio minore, conta invece il reddito che ha la capacità di conseguire. A ribadire quanto già sancito dalla decisione 16551/10 della Cassazione, la Corte di merito di Lecce- sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 14 gennaio 2015. Alla Corte territoriale si era appellata la madre di un minorenne di 16 anni, per contestare la decisione presa in primo grado. In quella sede, cui la donna si era rivolta in prima istanza per chiedere che il padre del ragazzo pagasse il mantenimento del figlio, si era deciso che l'uomo dovesse versare 150 euro mensili, rivalutabili annualmente, oltre alla metà delle spese straordinarie. Una cifra che la donna ha contestato perché “ritenuta inadeguata per un adolescente la cui madre non lavora, dovendo accudire altri due figli minori, nati da successivo matrimonio”. Il padre del giovane non è comparso in aula ne' in primo grado, ne' in Appello, così che pochi elementi istruttori erano presenti se non quelli riguardanti un suo lavoro all'estero, ai quali si era pervenuti nel provvedimento di affidamento. Ma questo poco conta per la Corte distrettuale che ricorda che se il genitore è disoccupato o resta contumace in giudizio deve comunque essere disposto, a suo carico, l'obbligo di mantenimento in favore del figlio, che va quantificato in base alla capacità lavorativa generica. Quindi la contumacia del resistente non può ritenersi condizione ostativa all'apposizione, a carico del resistente medesimo, dell'obbligo di contribuzione al mantenimento della prole. Se, infatti, è vero che la scelta di restare contumace implica, de facto, una maggiore difficoltà per il Tribunale di procedere alla ricognizione della situazione patrimoniale facente capo al resistente contumace, ciò nondimeno tale evenienza non potrebbe certo tradursi in una deflessione del primario interesse della prole a ricevere, comunque, i necessari mezzi di sussistenza. I giudici di merito hanno voluto sottolineare come quando si deve determinare il quantum dell'obbligo contributivo si deve far riferimento alle in primis alle informazioni, fornite dall'altra parte costituita, in merito alle condizioni patrimoniali del contumace, procedendo a un vaglio della loro attendibilità alla luce degli elementi istruttori disponibili. In questo caso dunque, si è fatto riferimenti a quanto affermato dalla donna e confermato dal provvedimento di affidamento, circa un lavoro all'estero dell'uomo. A ciò va aggiunto che lo stesso ha 35 anni, ha quindi una notevole capacità lavorativa, e bisogna anche tener conto che il figlio ha sedici anni, un'età che richiede molte spese che vanno dalla pratica di un'attività sportiva, allo studio di una lingua straniera. Per questo motivo i giudici hanno raddoppiato la cifra del mantenimento decisa in primo grado portandola a 300 euro mensili, rivalutabili annualmente, oltre al rimborso nella misura del 50% delle spese straordinarie sostenute nell'interesse del ragazzo.