Il comunicato delle Commissioni pari opportunità di Fnsi, Ordine, Usigrai e GiULIA giornaliste
La scelta del linguaggio e l’uso delle parole sono indubbiamente e strettamente legati alla visione della politica, riguardano per lo più i grandi temi di intervento culturale, e la sensibilità giornalistica obbligatoriamente li riproduce.
È proprio di fronte a questa constatazione di carattere generale, che ha attraversato le culture politiche e governative che si sono succedute storicamente nel nostro Paese, che le giornaliste invitano tutte le colleghe e i colleghi a non considerare anche il linguaggio sessuato come elemento di distinguo politico nella lingua italiana.
Dire e scrivere “ministra” o “premier” non è di destra o di sinistra, come non lo è dire o scrivere “direttrice” o “avvocata”. È il riconoscimento dei ruoli e delle professioni femminili, peraltro già da tempo accolto e sostenuto dai testi grammaticali di riferimento.
Troviamo grave e pericoloso che un cambiamento nella sfera politica induca invece i media a riadattare il linguaggio nel racconto degli uomini e delle donne, svilendo una presenza nuova e rinnovata e considerando le scelte linguistiche semplici “orpelli”. I simboli hanno forza dirompente, e in questi giorni di battaglie sul velo delle donne iraniane lo dovremmo ricordare in modo ancora più forte.