IL LUNGO CAMMINO DELLE DONNE NELLE ISTITUZIONI

da | Ago 9, 2021 | L'opinione

DI Florindo Di Monaco

All’inizio di febbraio del prossimo anno (la data ufficiale del voto non è stata ancora fissata) il Parlamento si riunirà in seduta comune per eleggere il nuovo o la nuova Presidente della Repubblica Italiana. Al di là dei nomi che già cominciano a circolare in anticipo come sempre per la corsa verso il Colle (il cosiddetto toto-Quirinale), le prossime elezioni del Capo dello Stato danno lo spunto per fare una riflessione e ripercorrere in brevi, rapide tappe l’itinerario che ha portato le donne italiane a essere impegnate sempre più in politica fino a scalare le istituzioni che sembravano una roccaforte maschile inespugnabile.
Con tanti soffitti di cristallo abbattuti le donne ne hanno fatta molta di strada per affermarsi nella vita politica del nostro paese. La seconda vetta del potere istituzionale, il Senato, è stata felicemente raggiunta nel 2018 da Maria Elisabetta Alberti Casellati. Resta l’ultimo passo, scalare il Colle, il più alto, istituzionalmente parlando, dei sette colli dell’Urbe, che aspetta il suo o la sua tredicesima inquilina. E la maggioranza della popolazione si augura che sia un’inquilina.

Ma procediamo con ordine, e diamo prima un’occhiata a come si è arrivati a un traguardo che per le donne sembrava irraggiungibile, se non fantascienza: aspirare al Quirinale.
Durante il Regno d’Italia nessuna donna si è mai seduta in Parlamento. Il grande salto avviene con la lotta partigiana, che vede le donne combattere animosamente al fianco degli uomini e permette loro di affacciarsi nell’Italia del dopoguerra, sepolta da cumuli di macerie, con una nuova consapevolezza finché il 31 gennaio 1945 il Governo provvisorio guidato da Ivanoe Bonomi estende loro il diritto di voto, col quale diventano per la prima volta cittadine a tutti gli effetti.
Con la Repubblica e l’introduzione del suffragio universale, con la possibilità per le donne di essere elette in tutti i livelli istituzionali, per la prima volta le porte di Montecitorio e di Palazzo Madama si aprono al gentil sesso. Agli albori della Repubblica, le prime donne elette nel Parlamento italiano sono 21 su 556 deputati, pari al 3,7%. Tra le prime componenti dell’Assemblea Costituente, oltre alla appena venticinquenne Teresa Mattei, la più giovane “deputatessa” come la chiamano i giornali del tempo, figurano le eroine della Resistenza, prima fra tutte Nilde Iotti, la donna più importante nell’Italia repubblicana, e anche la prima a raggiungere la terza carica istituzionale dello Stato, la presidenza della Camera, incarico che ricopre per ben tre legislature dal 1979 al 1992. Negli anni successivi la quota di donne alla Camera scende fino ad arrivare sotto il 3% nel 1968.
Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, di pari passo con la rivoluzione femminista, aumenta la presenza femminile nel Parlamento italiano. Nel 1987, all’inaugurazione della X legislatura, la percentuale di donne alla Camera raggiunge il 12,7%, per poi ridiscendere nel 1992 all’8,4%.
Con la seconda Repubblica, nel 1994, la quota raddoppia alla Camera (16,1%), mentre resta pressoché stabile al Senato (8,5%). In questa legislatura la trentunenne Irene Pivetti è per un biennio la seconda donna Presidente della Camera. Nelle successive due legislature (1996-2001 e 2001-2006) la presenza femminile torna a scendere in entrambe le camere, attestandosi attorno all’11% alla Camera e al 7% al Senato.

Dal 2006 a oggi, la crescita è considerevole. Nel 2008 la presenza femminile raggiunge il 21,3% alla Camera e il 18,7% al Senato. La XVII legislatura, iniziata nel 2013, è al momento la più “rosa” dell’intera storia repubblicana: 86 senatrici su 315 (27,3%) e 198 deputate su 630 (31,4%), con una donna, Laura Boldrini, la terza dopo Iotti e Pivetti, a sedere sul più alto scranno di Montecitorio. Qualcosa di straordinario si verifica con la XVIII legislatura repubblicana, che segue le elezioni politiche del 4 marzo 2018: si abbassa di molto l’età media di deputati/e e senatori/trici. Parlamentare più giovane in assoluto è Angela Raffa, una mascotte di 25 anni, eletta alla Camera dei deputati nelle liste del Movimento 5 Stelle. Il 24 marzo Maria Elisabetta Alberti Casellati al terzo scrutinio è eletta Presidente del Senato. Un grande passo in avanti, cade un pesante soffitto di cristallo, e una donna sale sul più alto scranno di Palazzo Madama per assumere la seconda carica istituzionale, che in effetti equivale a una vicepresidenza della Repubblica, visto che il Presidente del Senato, come da Costituzione, è tenuto a sostituire il Capo dello Stato in caso di gravi infermità che gli impediscano temporaneamente di svolgere il proprio ruolo.

Nel 1981, Anna Nenna D’Antonio è la prima donna presidente di regione in Italia, precisamente della regione Abruzzo, carica che detiene fino al 1983. Parallelamente è in costante aumento il numero di sindache, consigliere comunali, provinciali, regionali, e Presidenti di Regione.
Secondo le statistiche del Ministero dell’Interno, aggiornate all’8 marzo 2016, sono 982 le sindache di comuni con meno di 15mila abitanti (più di 6.000 invece i colleghi sindaci). Nei comuni con più di 15.000 abitanti le sindache sono 66 contro 600 colleghi maschi con Virginia Raggi in testa, sindaca della capitale dal 22 giugno 2016. Se si scende di un gradino, alla carica di vicesindaco/a, nei comuni con meno di 15 mila abitanti, figurano 923 donne; in quelli oltre i 15 mila, 144.
Complessivamente, sono 2.721 i Comuni italiani amministrati negli ultimi 30 anni almeno una volta da una sindaca. Le sindache in Italia sono appena il 15%, in pratica su 7 Comuni uno solo ha una donna come prima cittadina, 1134 in totale su circa 8000 Comuni. È un trend in crescita: nei 3285 Comuni in cui si è votato nel 2019 le donne elette sindache sono 628, il 16,4% del totale.
In base ai dati del 2017, 1.081 Comuni su 7.982 (il 13,55%) sono amministrati da donne: di essi 6 capoluoghi di provincia e 3 capoluoghi di regione, per una popolazione complessiva di 9.439.124 unità. Considerevole è il numero delle assessore: 1.259 dove la popolazione supera i 15mila abitanti, e più di 5.000 nei comuni più piccoli.
A partire dal 2000, 14 regioni su 20 hanno avuto solo presidenti uomini. Unica, felice eccezione al femminile la regione Umbria con ben cinque presidenze rosa e tre diverse governatrici, due delle quali hanno bissato il proprio mandato: Maria Rita Lorenzetti, Catiuscia Marini e Donatella Tesei.
Sempre dal 2000, ci sono state solo otto Presidenti di Regione, ovvero governatrici: oltre alle tre citate umbre, Debora Serracchiani (Friuli Venezia Giulia), Jole Santelli (Calabria), Nicoletta Spelgatti (Valle d’Aosta), Renata Polverini (Lazio), Mercedes Bresso (Piemonte).

In confronto ai Paesi del Nord Europa, dove è completa la partecipazione delle donne al potere politico ed economico, il nostro Paese resta, comunque, tra i fanalini di coda quanto a presenza femminile nelle istituzioni. Nei 60 governi della storia repubblicana, i primi 29 non comprendono nemmeno una donna.
Nel 1951 viene nominata la prima sottosegretaria, l’onorevole Angela Maria Cingolani Guidi, sottosegretaria all’Industria nel VII Governo De Gasperi. Per la prima ministra bisogna attendere il 29 luglio 1976: è Tina Anselmi, al dicastero del Lavoro, e successivamente della Sanità. Nel 1982 è la volta di Franca Falcucci, ministra della Pubblica istruzione, incarico che ricoprirà anche nei tre esecutivi successivi. Nel 1987, alla guida degli Affari Sociali nel governo Goria c’è la terza ministra della storia della Repubblica, Rosa Russo Iervolino. Un anno dopo, con il governo De Mita, per la prima volta le donne nell’esecutivo diventano due: oltre a Iervolino, Vincenza Bono Parrino destinata ai Beni culturali.
Il primo esecutivo con tre ministre è presieduto nel 1993 da Ciampi, con Rosa Russo Iervolino alla Pubblica Istruzione, Mariapia Garavaglia alla Sanità e Fernanda Contri agli Affari sociali. Altri nomi eccellenti di ministre negli anni successivi: Adriana Poli Bortone, Susanna Agnelli, Anna Finocchiaro, Rosy Bindi.
Con l’esecutivo D’Alema, nel 1998, le ministre diventano sei, come nel governo successivo del 1999: è la prima volta di una donna al Viminale, Rosa Russo Iervolino, ministra dell’Interno. Con il secondo governo Amato (2000) le ministre scendono da sei a quattro. Solo due donne, poi, nei governi Berlusconi II e III. Le ministre tornano in sei nel secondo governo Prodi. Nel quarto e ultimo governo del Cavaliere le ministre sono 5 su 24. Tra i nomi più rappresentativi: Giorgia Meloni, ministra per la Gioventù nel governo Berlusconi, Mariastella Gelmini, ministra dell’Istruzione, Università e Ricerca, Mara Carfagna, ministra dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e Stefania Prestigiacomo, ministra per le Pari Opportunità.
Tre le donne nel governo Monti (2011-2013): Elsa Fornero, ministra dell’Istruzione, ministra dell’Interno Anna Maria Cancellieri, Guardasigilli Paola Severino, ministra della Giustizia.
Nel 2013, diventano sette le donne nel governo Letta (un terzo dell’Esecutivo), tra esse la prima ministra di colore, Cecile Kyenge, al neonato ministero dell’Integrazione. E nel governo Renzi (2014-2016) le ministre sono otto, il tetto massimo, la metà dell’Esecutivo (sedici membri) con un’età media di 44 anni. La parità di genere sembra raggiunta. Ma dura poco e già alla nomina di viceministri/e e sottosegretari/e si passa a 16 donne su 61 incarichi (il 26,23%). In pochi mesi le ministre scendono a 5, poiché le dimissionarie Maria Carmela Lanzetta, Federica Mogherini e Federica Guidi vengono sostituite da uomini.

Un passo indietro si verifica nel governo Gentiloni con il 27,78% di ministre, 5 su 18, di cui 2 senza portafoglio. Nel consiglio dei ministri il 40% dei ministeri senza portafoglio è guidato da una donna. Si conferma anche nei ruoli di governo e nei dicasteri la scarsa presenza delle donne nei ruoli che contano. Le viceministre sono il 14,29% del totale mentre tra i sottosegretari/e il 31,43% è donna.
In 75 anni di Repubblica, dal governo De Gasperi 2, il primo dell’Italia repubblicana, al Conte bis, su 4.864 cariche parlamentari appena 319 sono donne, il 6,56% del totale.
Cinque le ministre del Conte I, su 18 totali: di esse solo due con portafoglio, Giulia Grillo alla Sanità ed Elisabetta Trenta alla Difesa, poi al 15 luglio una sesta ministra, Alessandra Locatelli, alla Famiglia al posto di Lorenzo Fontana. È record di donne nel secondo governo Conte, il più femminile nella storia d’Italia: 7 su 21, il 34,8% tra ministre e sottosegretarie, un terzo dell’esecutivo, una cifra elevata soprattutto in confronto al governo col minor numero di donne, il Rumor I (tra il 1968 e il 1969), in cui le donne erano appena l’1,2%.

Nessuna donna ha mai avuto un dicastero economico. Le ministre più “importanti”: Rosa Russo Jervolino, Anna Maria Cancellieri e Luciana Lamorgese all’Interno, Susanna Agnelli, Emma Bonino e Federica Mogherini agli Affari Esteri, Roberta Pinotti ed Elisabetta Trenta a un dicastero considerato forse il più maschile di tutti, la Difesa. Le donne conservano il monopolio della delega alle Pari opportunità, ma non hanno portafoglio. Tra parentesi, a parte il breve segretariato del Partito radicale (dal 1993 al 1994) di Emma Bonino, tutti i partiti politici sono guidati da uomini con la sola eccezione di Fratelli d’Italia, la formazione di destra di cui è leader indiscussa Giorgia Meloni. Nel 1996 arriva la prima giudice costituzionale, Fernanda Contri, divenuta il 10 marzo 2005 la prima donna vice presidente della Corte Costituzionale.

Oggi sono 86 le senatrici su 315 e 198 su 630 le deputate. Cinque le attuali ministre. Un progresso, ma la strada per la completa parità di genere in politica è ancora in salita, tranne che nella carriera prefettizia.
Nel 2003 è nominata la prima prefetta, Anna Maria D’Ascenzo, chiamata al Palazzo del Governo di Grosseto. Da allora è una crescita inarrestabile: ora sono quasi il 50%, la metà del totale. Nel 2016 le prefette sono 80, di cui 46 guidano effettivamente una delle 103 Prefetture presenti sul territorio nazionale. E, in molti casi, con incarichi di primo piano in grandi città come Roma, Napoli, Palermo, Bari.
Nel 2016 le questore restano, invece, una nettissima minoranza: solo cinque in tutta Italia su 103 Questure.

Cresce di anno in anno la presenza delle donne nelle professioni e nelle lauree più tradizionali: prossimamente la loro storia.

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Florindo Di Monaco:
Docente di Lettere nei licei, poeta, storico, conferenziere, incentra tutta la sua opera sulla Donna, esplorando l’universo femminile nei suoi molteplici aspetti con saggi e raccolte di poesie. Tra i suoi ultimi lavori, il libro La storia è donna e le collane audiovisive di Storia universale dell’arte al femminile e di Storia universale della musica al femminile.

fonte: MineVaganti