Il regolamento richiamato nel rogito può bloccare asili nido, beauty farm e ambulatori nell’edificio?

da | Dic 12, 2016 | Anno 2016

Sentenza, 12/12/2016

 

Risposta: sì, se il regolamento condominiale di natura regolamentare richiamato nell’atto di trasferimento dell’immobile vieta di destinare gli appartamenti dell’edificio a destinazioni diverse da quelle abitative o comunque all’esercizio di attività rumorose.

Conseguenze: risultano legittime le delibere adottate dall’assemblea che proibiscono al proprietario dell’immobile di dare in affitto l’appartamento a società che intendono svolgere attività vietate dal regolamento contrattuale perché sgradite ai condomini come asili nido, beauty farm, ambulatori medici e case-famiglia per anziani in quanto turbano la tranquillità dei residenti, comportano la presenza di estranei nel condominio e incrementano la pressione sui parcheggi circostanti.
Strategia difensiva: sottolineare che è irrilevante se il regolamento condominiale di natura contrattuale sia o meno materialmente inserito nell’atto di acquisto, mentre è sufficiente richiamarlo nel rogito per porre limiti alla proprietà esclusiva di ciascun condomino, a patto che i paletti posti siano spiegati in modo chiaro ed esplicito dalle relative clausole.

Le eccezioni alla regola: l’attività diversa dall’uso abitativo ben può essere svolta se manca la prova che il terzo abbia preso atto dei divieti esistenti sulla destinazione degli immobili nel contratto di trasferimento del bene.

No all’asilo nido in condominio se il regolamento vieta attività rumorose negli appartamenti. Quell’asilo nido in condominio non s’ha da fare perché il regolamento, che ha natura contrattuale, vieta di destinare gli appartamenti di proprietà esclusiva nell’edificio ad attività rumorose: la struttura destinata all’infanzia, per quanto non possa essere ritenuta un mero baby parking, è inassimilabile a una famiglia media che vive nell’immobile con bambini piccoli. E soprattutto il ctu rileva che le emissioni acustiche disturbano i vicini, anche se soltanto due su ventisei condomini totali: i parametri da applicare in questo tipo di misurazione non sono quelli della legge contro l’inquinamento acustico. È quanto emerge dalla sentenza 24958/16, pubblicata il 6 dicembre dalla seconda sezione civile della Cassazione.