Il ringraziamento come amore di sé
Chissà quante volte nei prossimi giorni di festa diremo e o ci diranno grazie, ma cosa significa veramente dire grazie? Spesso il ringraziamento è pura formalità e nasconde a seconda del tono di voce che lo segue diversi significati. Ci accorgiamo quando il grazie accompagna anche una certa disillusione, magari abbiamo fatto il regalo a qualcuno che se ne aspettava un altro oppure la persona in questione si sente a disagio per non averci regalato nulla. Il ringraziamento a volte viene dal cuore e ce ne rendiamo conto dal tono della voce e dalle emozioni che la persona in questione ci trasmette con la stretta di mano o con il vibrare della voce. Ma la parola grazie non limita la propria presenza nell’ambito dello scambio di doni, va oltre e investe trasversalmente la nostra vita e le nostre relazioni. Espressioni comuni come “Grazie al cielo”, entrate come consuetudine nella quotidianità, indicano la gratitudine verso una protezione ultraterrena che avrebbe contribuito all’esito positivo di una vicenda. Anche il mondo della canzone è ricco di ringraziamenti. “Grazie dei fiori” di Nilla Pizzi ringrazia per un omaggio, “Grazie di esistere ” di Ramazzotti o “Grazie a te” di Zero ringraziano una o più persone per un sentimento ricevuto… In “Cosa significa pensare” Martin Heidegger, uno dei più celebri filosofi del ‘900, dice che “Il ringraziamento originario è il riconoscimento verso di sé”, il filosofo si riferisce al Gedanc (termine tedesco) che è anche ringraziamento verso se stessi, il ri-conoscere se stessi. Possiamo concludere affermando che chi sa donare un grazie che viene dal profondo dell’anima dice grazie prima di tutto a se stesso e di conseguenza è capace di amarsi. Ringraziare assume così il significato di amore di sé, un amore da coltivare se si vuole imparare a ringraziare veramente gli altri.
Maria Giovanna Farina