La Cassazione “apre” all'assegno dopo la fine dei matrimoni lunghi

da | Mar 25, 2018 | Anno 2018

Per la prima volta la durata delle nozze, quasi 27 anni, è presa in considerazione sia pure «implicitamente» nella conferma del contributo per la donna che ha scarsi mezzi e capacità di reddito – Ordinanza, 23 marzo 2018

 

 

Ancora novità sull'assegno divorzile. La Cassazione “apre” alla durata del matrimonio come elemento che può essere tenuto in considerazione nella valutazione sull’autosufficienza economica del coniuge debole: il tutto per stabilire se il richiedente ha o meno diritto al trattamento. È quanto emerge dall’ordinanza 7342/18, pubblicata il 23 marzo dalla sesta sezione civile della Suprema corte.

Capacità limitata
Si tratta in verità di un accenno, che tuttavia ricorda la scelta dell’ordinanza 28994/17: in quell’occasione fu sempre la sezione filtro a incrinare l’orientamento fino a quel momento granitico della giurisprudenza di legittimità introdotto con il revirement contenuto nella sentenza 11504/17 che ha mandato in soffitta il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio come parametro per il trattamento economico al coniuge “debole”. E la pronuncia riconosceva il trattamento a favore di una donna over 65 e dal reddito basso, seguita da almeno un’altra decisione dello stesso segno, stavolta emessa dalla prima sezione civile (cfr. “Stretta sull’assegno esclusa per donne anziane e senza skill. No ad automatismi sull’autosufficienza”, pubblicata il 26 gennaio 2018). La scena sembra ripetersi oggi in cui viene nominata per la prima volta la durata delle nozze, che costituiva uno dei parametri indicati dalla pdl Ferranti per disciplinare la materia dopo la svolta della Suprema corte. Diventa definitivo nella specie l’assegno di 500 euro disposto in favore della signora dalla Corte d’appello che, sia pure «implicitamente», ha tenuto «in considerazione» la circostanza che il matrimonio è durato «quasi ventisette anni al momento dell’omologazione della separazione consensuale» laddove a carico della richiedente risulta accertata «una limitata capacità ed effettiva possibilità di lavoro personale e di reddito, non destinata a incrementarsi in futuro». All’ex marito non resta che pagare il contributo unificato aggiuntivo. Per il resto bisogna attendere che si pronuncino le Sezioni unite civili.