La condanna per violenza sessuale non può fondarsi sulle dichiarazioni della madre se il minore è ascoltato come testimone
Illegittima la testimonianza indiretta in presenza di incidente probatorio cui prende parte la vittima
È illegittima la condanna per violenza sessuale pronunciata sulla base della testimonianza indiretta della madre del bambino già sentito direttamente nell’incidente probatorio.
A questa interessante conclusione è giunta la Corte di cassazione con la sentenza n. 19420 del 22 maggio 2012.
Hanno fatto male, quindi, i giudici della Corte d’Appello di Roma a pronunciare verdetto di colpevolezza a carico di un 59enne residente nella capitale accusato di violenza su un bambino che non aveva nemmeno dieci anni.
In particolare il molestatore era stato condannato sulla base della testimonianza de relato della mamma del bambino per il quale era stato richiesto dalla Procura l’ascolto nell’ambito di un incidente probatorio.
Un mossa,questa, che ha portato alla nullità della sentenza di secondo grado in attesa, perlomeno, dell’ascolto del bambino.
Ciò perché, hanno precisato i giudici con l’Ermellino, «la testimonianza indiretta o de relato in tanto è utilizzabile in quanto il teste abbia indicato la persona o la fonte da cui ha appreso la conoscenza del fatto riferito, in modo da rendere possibile il controllo incrociato sulla fonte primaria».
Non solo. L’assunzione del teste di riferimento è obbligatoria solo «quando una parte ne faccia richiesta, con la conseguenza che la violazione di tale obbligo rende inutilizzabile la testimonianza indiretta, di tal chè appare indiscutibilmente legittimo che il giudice decida sul reato di violenza sessuale contro un minore sulla base delle sole testimonianze indirette, ogni qual volta la parte pubblica o privata non richieda l’esame come testimone diretto del minore abusato».