La dichiarazione dei redditi congiunta vincola sempre entrambe i coniugi che rispondono verso il fisco sia nel caso in cui sia intervenuta la separazione legale sia nel caso in cui il reddito sia il provento di attività illecite di uno solo.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 20856 dell’8 ottobre 2010, ha accolto il ricorso dell’amministrazione finanziaria.
La dichiarazione dei redditi congiunta, consentita a coniugi non separati, costituisce una facoltà che, una volta esercitata per libera scelta degli interessati, produce tutte le conseguenze, vantaggiose, ed eventualmente svantaggiose, che derivano dalla legge e che ne connotano il peculiare regime, a prescindere dalle successive vicende del matrimonio; ne consegue, pertanto, che la responsabilità solidale dei coniugi per il pagamento dell’imposta ed accessori, iscritti a ruolo a nome del marito a seguito di accertamento, prevista dall’ultimo comma dell’art. 17 L 114/1977, non è influenzata dal venir meno, successivamente alla dichiarazione congiunta, della convivenza matrimoniale per separazione personale. Né l’assenza di qualsiasi rilevanza ostativa è suscettibile di dar corpo ad un dubbio di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 24 Cost.,essendo da escludere che la mancata impugnazione da parte del marito dall’avviso di mora a lui notificato renda definitiva l’obbligazione tributaria nei confronti della moglie separata, avendo costei la possibilità di impugnare autonomamente l’avviso di mora e di far valere, in tale sede, tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria, in relazione anche alla mancata notifica diretta degli atti precedenti, e in primo luogo dell’avviso di accertamento, e neppure in riferimento all’art. 53 Cost., atteso che la capacitàc ontríbutíva dei. coníugí va valutata con riguardo alla loro condizione all’epoca della dichiarazione congiunta.