di Augusta Amolini
Viviamo ancora in pieno oscurantismo, dentro un moderno medioevo che trascina una selva di pregiudizi morali. Oscuro anche per quelle ragazze che vivono una realtà 4.0 e in particolari contesti sociali di arretratezza culturale subiscono ancora lo stigma per una gravidanza fuori dal matrimonio. Per varie ragioni alcune crescono senza una guida e si barcamenano fra disagio e solitudine. La carenza del supporto genitoriale, l’assenza di una rete familiare e l’ignoranza in casi estremi possono sfociare nell’atto innaturale dell’infanticidio. Sembra impossibile che una studentessa, mamma per sbaglio a 17 anni, possa buttare come una cicca di sigaretta suo figlio dalla finestra senza mai cercare su Google come lasciare ad altri un bambino.
Come tutti i giovani avrà uno smartphone sempre in mano per vedere le foto su Instagram o i video su Tik Tok; forse se avesse digitato quelle poche parole avrebbe trovato una soluzione al suo problema, evitandosi la futura gogna interiore. In rete si possono trovare tutte le informazioni su come collocare un figlio indesiderato salvaguardando la privacy, senza compiere reati o incorrere in condanne penali e umane. Le indicazioni sono semplici, sei punti precisi che guidano all’abbandono. Viene suggerito il dove e il come, affidandosi a ospedali, chiese, stazioni di Polizia e Forze dell’Ordine, centri medici, personale del 118, agenzie per le adozioni o culle per la vita come la ruota ripristinata sul muro laterale dell’ospedale Civile di Brescia.
Nella guida della disperazione nulla è lasciato al caso, viene consigliato a chi intende abbandonare un bambino in momenti successivi al parto di lasciare qualche oggetto utile al ricordo e le informazioni circa lo stato di salute o eventuali patologie ereditarie dei genitori, il nome nel caso fosse stato scelto. Invita a lasciare una lettera da allegare al fascicolo personale che potrà essere consegnata a tempo debito a un adottivo che non riuscirà mai a comprendere né a perdonare il suo abbandono. Viene insegnato come vestirlo per garantire un minimo di sicurezza, nutrirlo e lavarlo per affermare la dignità che spetta a ogni essere umano. La disperazione non giustifica la privazione del diritto alla vita, se ogni figlio capitato per caso fosse stato soppresso l’umanità sarebbe molto più che dimezzata. Forse anch’io non sarei qui a raccontarlo. Augusta Amolini – 7 novembre 2020